Carso o Carso - Kras Doc
1 “La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Carso” o “Carso – Kras” comprende l’intero territorio amministrativo dei seguenti comuni in provincia di Trieste: Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle e Sgonico nonché l’intero territorio del comune di Doberdò del Lago e parte di quello dei comuni di Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Fogliano-Redipuglia, Sagrado e Savogna d’Isonzo in provincia di Gorizia.
Tale zona è così delimitata: partendo dalle foci del Fiume Timavo, segue la costa verso est e verso sud fino al confine di Stato in prossimità di San Bartolomeo di Muggia. Da qui il limite procede lungo tale confine verso est e poi nord – ovest fino all’intersezione con il corso del Fiume Vipacco, in provincia di Gorizia. Da questo punto discende il corso del fiume fino ad incrociare la linea ferroviaria Udine – Trieste, in prossimità di Castel Rubbia per proseguire lungo questa, in direzione Trieste, fino ad incontrare l’autostrada A 4 Venezia – Trieste e proseguire lungo questa sino ad incrociare il Fiume Timavo. Segue il corso dello stesso fino alla foce da dove è iniziata la delimitazione.
2 La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Carso” o “Carso – Kras” Terrano comprende in tutto o in parte i comuni di Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino e Sgonico in provincia di Trieste e Doberdò del Lago, Sagrado e Savogna d’Isonzo in provincia di Gorizia. La zona è così delimitata: partendo dal valico di confine di Fernetti in comune di Monrupino, provincia di Trieste, si prosegue verso nord lungo il confine di Stato fino da incontrare il fiume Vipacco in provincia di Gorizia. Da questo punto si discende il corso del fiume fino ad incrociare la linea ferroviaria Udine-Trieste in prossimità di Castel Rubbia per proseguire lungo questa in direzione Sagrado fino all’incrocio con la delimitazione comunale Sagrado- Fogliano-Redipuglia. Indi si procede lungo il suddetto confine fino a quota 111, località la Crosara per poi seguire dopo quota 103 il confine comunale che separa Doberò del Lago dal comune di Monfalcone. Giunti in prossimità Lago di Pietrarossa si imbocca il sentiero dei Castellieri in direzione est e dopo poco più di un chilometro si incrocia a quota 47 la strada statale n. 55 del Vallone (Jamiščna). Si prosegue lungo questa in direzione sud sud-est fino ad incrociare all’altezza di San Giovanni del Timavo, Mon.to III Armata, la strada statale n. 14. Da qui la delimitazione prosegue lungo la S.S. n. 14 in direzione sud-est fino a Sistiana per poi prendere la strada provinciale S.P. n. 1 del Carso in direzione Aurisina, Santa Croce e Prosecco per poi svoltare a destra per un brevissimo tratto lungo la Strada del Friuli e quindi prendere la direzione Borgo S. Nazario e poi Monte Grisa fino al congiungimento con la Strada Vicentina (Napoleonica) in direzione Obelisco a Sella di Opicina incrocio con la strada statale n. 55. Si segue la suddetta strada in direzione nordest attraversando la frazione di Opicina fino a ritornare al valico di confine di Frenetti, punto di partenza della delimitazione.
3. La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Carso” o “Carso – Kras” Terrano Classico” comprende in tutto o in parte i territori amministrativi dei comuni di Trieste, DuinoAurisina, Monrupino e Sgonico in provincia di Trieste ed è così delimitata: partendo dal confine italo – sloveno ex valico di Monrupino ubicato sulla strada che dalla stazione di Opicina Campagna, precedentemente denominata Poggioreale Campagna, porta oltre confine (km. 4,100 circa), il limite segue il confine di Stato verso nord – ovest fino a raggiungere, superato il Monte Sambuco, la strada per Ceroglie dell’Ermada in prossimità di quota 174; segue tale strada verso sud fino all’incrocio con quella di Ceroglie – Medeazza (quota 171); risale verso nord lungo questa per circa 100 metri per prendere poi il sentiero che in direzione sud raggiunge la strada Ceroglie – falde del Monte Cocco, prosegue lungo quest’ultima verso nord – ovest per circa 500 metri ed a quota 161 nella stessa direzione, segue il sentiero fino ad incrociare, dopo breve tratto, il tracciato dell’oleodotto Transalpino, prosegue lungo questo in direzione nord – est fino ad incontrare la strada per San Pelagio – Aurisina per proseguire lungo questa verso sud – est fino a raggiungere la linea ferroviaria (quota 169).
Prosegue lungo questa in direzione sud – est e poco dopo la stazione di Opicina Campagna, incrocia la strada che da Opicina del Carso porta oltre confine e a tal punto prosegue lungo questa in direzione nord – est fino a raggiungere il confine di Stato, laddove è iniziata la delimitazione.
Inventario delle principali varietà di uve da vino
PINOT NERO N.
MERLOT N.
MALVASIA ISTRIANA B.
MALVASIA BIANCA LUNGA B.
GAMAY N.
FRANCONIA N.
Chardonnay
CARMENERE N.
CABERNET SAUVIGNON N.
CABERNET FRANC N.
TERRANO N.
REFOSCO DAL PEDUNCOLO ROSSO N.
Varietà di uve da vino elencate dall'OIV
Schioppettino N
Pignolo N
Piccola Nera N
Malbech N
Altre varietà
Glera B
LEGAME CON LA ZONA GEOGRAFICA DOC "Carso” o “Carso - Kras
Informazioni sulla zona geografica:
1. Fattori naturali rilevanti per il legame
1.1 Ambito territoriale
La zona geografica delimitata dall’articolo 3, ricomprende in toto o in parte tutti i comuni della provincia di Trieste e alcuni di quella di Gorizia. Trattasi di un’area caratterizzata da superfici morfologiche carsiche, cioè rocciose, dall’aspetto brullo con un’orografia movimentata da rilievi tozzi, dossi, rocce affioranti e depressioni talvolta rilevanti (doline). Tutto ciò costituisce un limite non indifferente per l’utilizzo agricolo del territorio. Inoltre, dal punto di vista idrografico il Carso si caratterizza per la presenza di grotte e caverne, veri e propri inghiottitoi di acqua, più o meno verticali e profondi anche diverse decine di metri, che contribuiscono a far sparire in pochi minuti tutta l’acqua piovana. Ne consegue che la principale caratteristica negativa del Carso è la carenza di acqua in superficie (fiumi, ruscelli, rogge, ecc). Questa viene sì trattenuta dalle argille costituenti la terra rossa del Carso, ma la capacità idrica dei suoli non è sufficiente per la maggior parte delle colture agrarie, perché lo spessore dello strato coltivabile è esiguo. Le quote altimetriche vanno dal livello del mare fino a poco più di 650 metri, con valori tipicamente compresi per il 73% dell’area tra i 100 e i 400 m. Buona parte del territorio ricade nell’altipiano carsico con pendenze medie che si aggirano tra il 3 e il 15%, mentre la restante area è costituita dal ciglione carsico prospiciente il mare, ove le pendenze sono decisamente maggiori (30% e oltre), e spesso proibitive per l’esercizio delle attività agricole. I fondi coltivati dell’area carsica sono caratterizzati da un’elevata irregolarità quanto a organizzazione strutturale e dimensione. Le particelle catastali sono molto disomogenee perché condizionate dalla presenza di pendenze, doline e rilievi che hanno favorito la frammentazione e l’irregolarità degli appezzamenti. Anche i terrazzamenti, contenuti da muri a secco, risentono di dette condizioni limitative. Caratteristica del territorio è la presenza di muri a secco realizzati nel corso dei secoli con lo spietramento dei terreni per consentire un minimo di utilizzo agricolo. Ciò che caratterizza il territorio lungo la fascia costiera, quello dove il suolo è limoso-argilloso, è la sistemazione a terrazzi (pastini). Trattasi di strisce di terreno coltivate, sostenute da muri di contenimento in blocchi di arenaria per consentirne l’utilizzo agricolo e contrastare i fenomeni erosivi, con pendenze anche superiori al 60%.
1.2 Ambito pedologico
Il Carso è caratterizzato dalla presenza di “terre rosse” che si sostanziano in suoli argillosi o limoso-argillosi, che ricoprono talvolta di pochi centimetri il substrato calcareo e riempiono le fratture rocciose e le aree a morfologia depressa. Lo spessore del terreno agrario mediamente è intorno ai 20-25 cm, talvolta 50 cm, mentre in alcuni casi esso risulta essere inferiore ai 10 cm. La presenza di scheletro è abbondante e si rileva anche in superficie. In tale ambito è presente alle volte un orizzonte organico costituito da resti fogliari poco decomposti, che poggia su un substrato orizzontale minerale a struttura grumosa di origine biologica (mull) avente tessitura franco-argillosa. Questo strato è ricco di sostanza organica che conferisce all’orizzonte stesso un colore scuro. Diversa è invece la situazione dei terreni in fondo alle “doline”, tipici avallamenti del Carso montano, del Vallone Goriziano e di quelle aree colluviali ove si sono generati suoli più profondi, anche di alcuni metri, per effetto dell’accumulo di materiale lisciviato dell’illuviazione dell’argilla e dalla completa decarbonatazione degli orizzonti sottosuperficiali. Le doline, il cui numero totale è di circa 4500 unità sull’intero territorio, delle quali circa 500 con diametro esterno maggiore di 100 metri, hanno tipicamente forma circolare e sezione a ciotola o imbuto, spesso con la parte inferiore piatta al punto che in fondo alle stesse possono essere praticate le coltivazioni agrarie, tra cui anche la vite. Questi bacini di terra fertile e profonda costituiscono una vera e propria risorsa agronomica in quanto, talvolta, vengono utilizzati come cava di terra da riporto per rendere meglio coltivabili altre aree in cui il substrato agricolo è piuttosto modesto. La parte del territorio centro meridionale della provincia di Trieste che va dal margine del Carso triestino fino alla linea costiera, si contraddistingue per un substrato roccioso con litologia marnoso-arenacea (flysch eocenico) di tipo erosivo, che si differenzia sensibilmente da quello carsico. Trattasi di stratificazioni in alternanza tra arenarie e marne, con spessori tra le due componenti variabili da pochi millimetri per le marne a diversi centimetri per le arenarie. Questa componente litologica della roccia manifesta una facile disgregabilità e alterabilità agli agenti atmosferici, dando origine a suoli diversi a seconda della potenza dei singoli strati. La componente marnosa dà origine a suoli in cui prevale il materiale limoso-argilloso, mentre quella arenacea a suoli con maggiore presenza di sabbia. La caratteristica principale dell’area carsica è la scarsa profondità del terreno coltivabile.
1.3 Ambito climatico
Il Carso si trova in una zona di transizione fra clima di tipo mediterraneo e clima di tipo continentale prealpino. In tale contesto le condizioni morfologiche e la pendenza dei versanti giocano un ruolo importante rendendo piuttosto eterogenea la situazione microclimatica. Le temperature medie annue sull’altipiano carsico si attestano intorno ai 12,5°C con valori leggermente più bassi intorno al ciglione settentrionale e nel Vallone goriziano, mentre condizioni più miti si riscontrano lungo la fascia costiera. Le precipitazioni annue variano dai circa 1000 mm dell’area carsica meridionale ai 1400 mm del settore più settentrionale. Le modeste precipitazioni meteoriche unitamente alla forte permeabilità del terreno carsico fanno sì che il deficit idrico, particolarmente nel periodo estivo, sia piuttosto elevato. Anche la velocità del vento, frequentemente oltre i cento chilometro all’ora nel periodo invernale, con prevalenza dal settore est-nord-est (Bora), influisce in misura significativa sull’ambiente agricolo favorendo il prosciugamento del terreno e quindi l’accentuazione dello stato siccitoso del suolo.
Lungo il versante costiero le precipitazioni annue presentano valori ancora più bassi, intorno agli 850 mm annui. Ne consegue che l’utilizzo agricolo dell’area è profondamente condizionato dalla scarsa profondità del suolo agrario, dall’assenza di un’idrografia superficiale capace di integrare all’occorrenza il deficit idrico e dall’elevato drenaggio del substrato roccioso. Pertanto la coltivazione più diffusa risulta essere quella della vite, in particolare nella parte medio-settentrionale dell’altipiano, coltura che meglio di altre si adatta ad un ambiente piuttosto difficile.
2. Fattori umani rilevanti per il legame
2.1 L’uomo e la vite nel passato
Storicamente la coltivazione della vite è legata al territorio carsico da oltre due millenni. Fonti storiche di età romana giunte a noi dicono che nel 178 a.C. le regioni del Carso e dell’Istria vennero conquistate dalle legioni romane e attestano come l’economia agricola dell’epoca fosse incentrata sulla coltivazione della vite, dell’ulivo e sulla pratica della pastorizia. Lo storico Plinio il Vecchio nella sua Historia Naturalis, primo secolo d.C., racconta che nel golfo alto adriatico non lontano dalle Bocche del Timavo, si produceva vino su un colle sassoso (zona Duino) per il mercato locale e per uso personale. Da ciò si evince quanto fosse importante per l’economia di allora la coltura della vite. Un vino celebrato dell’antichità era il “Pucinum”. Questo veniva prodotto lungo la fascia costiera carsica ed era particolarmente amato dall’imperatrice Livia, moglie dell’imperatore Augusto, tanto da essere considerato un vino medicinale. Gli storici della viticoltura però non hanno mai chiarito se si trattasse del rosso Terrano ovvero del bianco Prosecco. E l’importanza della coltivazione della vite in quel periodo storico è sottolineata dal fatto che alle sorgenti del fiume Timavo, a confine delle attuali province di Trieste e Gorizia, sono stati reperiti i resti di un’antica fornace per la produzione di anfore vinarie che, una volta riempite di vino, prendevano la strada del Norico, cioè della Germania. Anche nel primo medioevo la vite caratterizzava l’ambiente carsico-istriano, allora regione unica. Ce lo conferma Aurelio Cassiodoro, prefetto del Re ostrogoto Teodorico, che agli inizi del VI secolo descrive un territorio pieno di olivi e viti. Nei secoli successivi vari documenti attestano che il vino veniva riscosso quale forma di tributo da parte di nobili e potenti. Questi documenti ci rivelano, ad esempio, che nel 1296 i contadini del carso pagavano alla Signoria di Duino i loro tributi in vino Terrano e Ribolla, e che nel 1382 analogo tributo veniva pagato a favore del Duca Leopoldo d’Austria. Quanto fosse importante il vino per l’economia della zona, lo si può dedurre dal fatto che in quei secoli vennero emanati gli “Statuti triestini”, cioè disposizioni normative con le quali gli amministratori di allora si proponevano di tutelare il vino sia sotto l’aspetto quantitativo che nella commercializzazione, vietando ai locali la coltivazione di vigneti fuori del territorio e l’importazione nello stesso di vini esteri.
Dopo la prima guerra mondiale la viticoltura carsica ne uscì devastata, perché il territorio fu teatro di ben dodici battaglie che stravolsero ogni cosa. E da quella catastrofe la viticoltura ha ripreso nuova vita al punto che nel 1938 l’Istituto Centrale di Statistica stimò la presenza di 1606 ettari in coltura specializzata, dove nella zona arenaceo-marnosa i vini bianchi (Ribolla, Malvasia, Glera, Garganega tra gli autoctoni e Sauvignon, Semillon, Riesling italico, Pinot bianco e il Pinot grigio tra gli internazionali) rappresentavano i 2/3 dell’intera produzione locale, mentre la situazione si capovolgeva sulle terre rosse (terreni argillosi o limosoargillosi) dove erano i vini rossi a prevalere. Tra i rossi citano il Terrano, gli altri Refoschi, il Merlot e il Cabernet, più altri vitigni minori che completavano l’assortimento varietale. 2.2 Regole produttive della vitivinicoltura d’oggi La denominazione di origine controllata Carso, ora appellata “Carso o Carso Kras”, risale agli anni ottanta quando con DPR 17 luglio 1985 venne approvato il relativo disciplinare di produzione. Trattasi di un disciplinare improntato su regole che indirizzano i produttori verso il conseguimento di produzioni limitate e di rimarcata qualità. Le regole dettate da un lato si rifanno alla consolidata tradizione, che è frutto di pratiche viticole ed enologiche legate al particolare territorio e, dall’altra, a una visione di modernità del settore senza la quale non è più possibile stare sul mercato. Gli aspetti salienti delle regole adottate sono i seguenti:
Base ampelografica dei vigneti.
I vitigni che concorrono alla produzione dei vini della denominazione sono indicati all’articolo 2 del disciplinare. Trattasi di sette vitigni a bacca bianca e cinque a bacca rossa. Insieme danno origine a tredici tipologie di vino, talune anche nella versione “riserva”. Tutti i vitigni fanno parte della categoria “consigliata” così come riportati nel Regolamento di cui al Decreto del Presidente della regione 09 settembre 2003, n. 0321/Pres. Di questi il Glera, la Malvasia istriana, la Vitovska e il Terrano sono autoctoni dell’area carsicaslovena-istriana.
•Norme per la viticoltura.
Sono norme che mirano all’individuazione ed esclusione dei terreni che meno si prestano alla viticoltura di qualità. Inoltre, esse prescrivono che i sistemi d’impianto e le forme di allevamento devono riferirsi a quelli generalmente usati, cioè quelli che negli anni hanno saputo assicurare le migliori caratteristiche delle uve e dei vini. E poiché l’obiettivo del disciplinare di produzione è quello del perseguimento della qualità, lo stesso dispone che i nuovi vigneti devono avere una densità minima di 3500 ceppi ettaro. Inoltre, a carattere generale, il disciplinare prevede che la resa di uva non sia superiore alle 9 ton./ettaro e che detta resa deve assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo de 10% per tutti i vini, eccetto che per la “Glera” e il “Terrano” per i quali detto limite è fissato al 9,5% %.
La resa massima dell’uva in vino finito non deve essere in nessun caso superiore al 70%. E sempre per restare in tema di qualità, il disciplinare vieta ogni pratica di forzatura della produzione. Non rientra sotto tale aspetto l’irrigazione di soccorso che è consentita nelle annate siccitose.
•Norme per la vinificazione
Le pratiche di elaborazione dei vini sono quelle tradizionali e tali da consentire per le tipologie “bianco” l’ottenimento di vini, fruttati, delicati, armonici, gradevoli, freschi, aromatici nelle tipologie Malvasia e Traminer, e che rispecchiano le caratteristiche varietali dalle quali traggono origine. Il previsto invecchiamento dei vini contempla che, per le tipologie “Rosso riserva”, “Merlot riserva”, “Refosco dal peduncolo rosso riserva” e “Terrano riserva”, avvenga un passaggio in botti di legno per almeno 12 mesi a fronte di un periodo complessivo di invecchiamento di almeno 24 mesi di cui almeno 5 mesi in bottiglia, mentre, per i vini bianchi “Malvasia riserva”, “Sauvignon riserva” e” Vitovska riserva”, che detto periodo sia limitato a 20 mesi. In tutti i casi i vini tipologia “riserva” non devono aver subito operazioni di arricchimento. Le operazioni di vinificazione ed eventuale invecchiamento obbligatorio, per tutte le tipologie “riserva” devono essere effettuate all’interno della zona delimitata, salvo deroghe legate a situazioni tradizionali che prevedono l’effettuazione di tali operazioni anche nella parte restante del territorio comunale parzialmente delimitato. Sono altresì concesse deroghe dal Ministero delle politiche agricole e forestali per specifiche e particolari situazioni.
Informazioni sul prodotto:
La DOC Carso o Carso Kras annovera tredici tipologie di vini di cui sette bianchi e sei rossi. Di queste alcune possono essere accompagnate dalla menzione “riserva”, se opportunamente invecchiate. I vini del Carso o Carso Kras dal punto di vista analitico e organolettico presentano caratteristiche peculiari attribuibili sicuramente per una buona parte al territorio, inteso questo come ambiente pedoclimatico, e per la parte restante al fattore umano. All’articolo 6 del disciplinare di produzione ciascuna tipologia di vino è descritta sotto l’aspetto analitico e organolettico, e comunque in modo tale da permettere una sua chiara individuazione che è frutto di un legame di tipicità con l’ambiente geografico. In detto articolo non sono riportati i valori analitici relativi a zuccheri, acidità volatile e anidride solforosa richiesti dall’articolo 26 del Reg. CE 607/2009, poiché i vini rispettano quelli stabiliti dalla stessa normativa comunitaria. Per quanto concerne l’acidità totale, i valori in ogni vino sono superiori a quelli previsti dal Reg. CE 479/2008 All. IV e cioè maggiori a 3,5 g/l. Relativamente all’acidità volatile, i valori in ogni vino sono quelli previsti dal Reg. CE 606/2008 All. I C, e cioè minori a 18 milliequivalenti per litro per i vini bianchi e a 20 milliequivalenti per litro per i vini rossi. In merito all’anidride solforosa i valori in ogni vino sono inferiori a quelli previsti dal Reg. CE 606/2009 All. I B e cioè minori a 150 mg/l per i vini rossi e 200 mg/l per i vini bianchi. In ordine agli zuccheri totali il riferimento normativo è il Reg. CE 607/2009, All. XIV parte B. Si sottolinea che tutti i vini del Carso o Carso Kras rientrano nella tipologia: “sapore asciutto” e quindi con un contenuto di zucchero residuo non superiore a 4 g/l, salvo la deroga prevista in relazione al tenore di acidità totale. Il territorio in questione conferisce ai vini bianchi un colore giallo paglierino, talvolta con riflessi dorati più o meno intensi, una sensazione al palato di gradevole morbidezza, dai profumi netti ed intensi di fruttato, talvolta speziato, tipici del vitigno dal quale originano. La loro produzione avviene dopo una cernita delle uve che sono sottoposte a pigiatura soffice e a fermentazione a temperatura controllata in assenza delle bucce, appunto per mantenere ed esaltare i profumi tipici conferiti dal vitigno. Qualora i vini siano destinati a prolungata maturazione prima dell’immissione al consumo, la vinificazione prevede un breve contatto con le bucce. Ne conseguono vini con riflessi dorati, anche intensi, e di corpo più strutturati. I vini rossi invece si caratterizzano al colore per un rosso rubino intenso talvolta violaceo, al profumo per la netta personalità da cui spicca sovente un gradevole e deciso erbaceo e al sapore per la sostenuta corposità derivante da un tenore di acidità buona, talvolta marcata come nel vitigno Terrano, conferita da uve ben mature e da una fermentazione a contatto delle bucce che si prolunga per una settimana. Nel caso si vogliano ottenere vini da invecchiamento viene operata un’attenta scelta delle uve e il tempo di fermentazione sulle vinacce viene prolungato ancora di alcuni giorni. In tal caso i vini più invecchiati evidenziano sentori fenolici più o meno complessi connessi alla natura e tempo di permanenza nelle botti di legno.
Legame causale:
La secolare presenza della vite sul territorio carsico testimonia la presenza di una significativa omogeneità di fattori che concorrono a rendere particolari i vini di questo territorio. Tra queste omogeneità si evidenziano le seguenti:
•Omogeneità fisiche
Tra le omogeneità fisiche il clima, l’esposizione e il terreno giocano un ruolo significativo. Non vi è dubbio che il clima carsico sia prettamente mediterraneo anche se il territorio spesso è spazzato dallo sferzante vento di bora. Questo è un vento continentale, particolarmente presente nel periodo che va da ottobre a marzo; proviene da est-nord-est ed è apportatore di aria secca. Nel corso del periodo vegetativo della vite, però, il vento non ha quell’irruenza e violenza dei mesi invernali a tutto vantaggio delle colture agrarie, tra cui la vite. Infatti, la presenza di una ventilazione moderata nel corso dei mesi primaverili ed estivi concorre a eliminare repentinamente le nebbie del mar Adriatico, a far scendere l’umidità dell’aria, a rendere il cielo più sereno facendo così aumentare la radiazione ottimale e, quindi, a far salire la temperatura. Tutto ciò concorre a contenere l’influenza delle malattie crittogamiche della vite che si sviluppano sull’apparato vegetativo e a rendere più efficace il processo fotosintetico della vite, a vantaggio dell’accumulo di sostanze zuccherine nei grappoli. Un ruolo non secondario sul clima lo esercita anche il mare Adriatico e non solo sul ciglione carsico che si affaccia sullo specchio d’acqua, ma anche sul restante territorio dell’altopiano. La capacità termica del mare mitiga la temperatura dell’aria nei mesi più freddi smorzandone i gradienti estremi e il fenomeno della riflessione dei raggi solari determina un effetto di doppia insolazione a tutto vantaggio della coltivazione della vite. Il fattore orografico costituisce un limite non indifferente per l’utilizzo agricolo del territorio agricolo. In particolare giacitura e pendenza caratterizzano significativamente il ciglione carsico che si affaccia sul mare, rendendo possibile la coltivazione della vite solamente su piccoli terrazzamenti (pastini), mentre la presenza di formazioni rocciose affioranti limitano fortemente lo sviluppo della viticoltura specializzata e la sua meccanizzazione . La già sottolineata carenza di acqua nei periodi estivi, se da un lato concorre a limitare quantitativamente la produzione di uva per ettaro, dall’altro favorisce la qualità della stessa purché all’occorrenza la vite venga sostenuta da un’irrigazione di soccorso. Pratica non sempre possibile per l’assenza di corsi d’acqua superficiali, e che comunque non concorre a lievitare le produzioni stanti le condizioni pedoclimatiche della zona (le rese medie di uva/ettaro il più delle volte non superano le 7/8 ton in coltura specializzata). Altra omogeneità fisica è rappresentata dal terreno che su tutto il territorio carsico dell’altopiano è di tipo argilloso, argilloso-limoso, di colore rossastro per la presenza di sesquiossidi di ferro e alluminio, ricco di scheletro e con un franco di coltivazione sottile poggiante su un substrato calcareo. Un po’ dissimile è invece il terreno del ciglione carsico per la sua natura limoso-argillosa e non caratterizzata dal colore rosso della terra. Condizione quest’ultima che esclude categoricamente la produzione del vino Terrano da tale ambito territoriale.
•Omogeneità antropica
La viticoltura carsica, come è facilmente intuibile dalla particolare conformazione del territorio, si pratica per la maggior parte su piccoli appezzamenti sparpagliati in prossimità dei centri abitati e che fanno capo ad aziende di non grande dimensione. L’agricoltura della prima metà del secolo scorso via via ha cambiato faccia per le mutate esigenze sociali di parte della popolazione rurale attratta dai diversi stili di vita offerti dalla modernità. Per effetto dell’abbandono di parte della popolazione agricola del territorio rurale, i restanti agricoltori hanno avuto la possibilità di arrotondare e ampliare le proprie aziende e di dare nuovo impulso alla viticoltura rendendola più specializzata e meccanizzata, sempre con i limiti vincolanti dettati da un territorio difficile. Oggi lo zoccolo duro della viticoltura carsica è nelle mani di qualche decina di viticoltori che per tradizione familiare, supportata da una robusta formazione professionale, e per il forte radicamento al territorio in cui credono fortemente, quanto a potenzialità ha assunto connotati contenuti quanto ad espansione viticola ma di assoluto rilievo sotto l’aspetto qualitativo.
•Omogeneità storico-colturale
La vitivinicoltura del Carso, come evidenziato in altra parte del presente documento ha origini antiche. Molti sono i documenti che attestano le tappe evolutive della viticoltura carsica. Basterebbe seguire nel corso dei secoli i documenti di quanti si sono peritati a dirimere la questione, tutt’ora irrisolta del “Pucino” citato dallo storico romano Plinio il Vecchio, e cioè se esso corrispondesse al vino Terrano ovvero al Prosecco per comprendere quanto questo territorio fosse vocato alla vite e quanto l’uomo, adattandosi ad un ambiente non facile, della vite ne traesse sostegno economico. Per venire incontro alle esigenze economiche delle popolazioni carsiche, per lungo tempo sotto il domini dell’Impero austro-ungarico, l’Imperatrice Maria Teresa nel XVIII secolo emanò un decreto con il quale concesse ai produttori di vino carsolini la facoltà di venderlo, previa autorizzazione, in determinati periodi dell’anno direttamente ai consumatori nelle cosiddette “osmizze”. Trattasi di una forma di vendita dei prodotti aziendali trasformati a condizioni simili a quelle che avvengono nella cosiddetta “frasca”. E questa facoltà è tutt’ora mantenuta come uso e consuetudine locale. Pertanto, se la vendita di vino nelle “osmizze” rappresenta un modello economico aziendale del passato ancora attuale perché caro alle genti del Carso, le indicazioni applicate della moderna tecnologia vitivinicola hanno impresso quel salto di qualità al settore che ha contribuito a rendere notori e famosi diversi vini del Carso. Vini che sono descritti all’articolo 6 del disciplinare. Le argomentazioni sopraesposte evidenziano la sussistenza di omogeneità fisiche, storico-colturali ed economiche tali da legare in modo chiaro e incontrovertibile l’uomo, la vite e il territorio. Legame che sottolinea come il Carso sia un territorio ad alta vocazione vitivinicola e che i suoi vini, per le particolarità che esprimono, si identificano strettamente con il territorio e i produttori che li hanno generati.
CONDIZIONI SUPPLEMENTARI
DOC “Carso” o “Carso - Kras”, con o senza la qualificazione “Rosso”
Quadro di riferimento giuridico: Nella legislazione nazionale
Tipo di condizione supplementare: Disposizioni supplementari in materia di etichettatura
Descrizione della condizione:
Il vino a denominazione di origine controllata “Carso” o “Carso - Kras”, con o senza la qualificazione “Rosso” è riservata al vino ottenuto, in ambito aziendale, dalle uve provenienti dai vigneti composti per almeno il 70% dal vitigno Terrano. Carso” o “Carso - Kras” con uno dei seguenti riferimenti di vitigno: Chardonnay, Glera, Malvasia (da Malvasia istriana), Pinot grigio, Sauvignon, Traminer, Vitouska, Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Merlot, Refosco dal peduncolo rosso e Terrano anche con la specificazione “ Classico”, devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai corrispondenti vitigni presenti per almeno l’85%;
Nome e titolo del richiedente: Consorzio tutela vini Collio e Carso
Status giuridico, dimensioni e composizione (per le persone giuridiche): Consorzio di Tutela Vini
Nazionalità: Italia
Indirizzo: 2/4 Gramasci
34071 Cormons (GO)
Italia
Telefono: 0481630303
Fax: 04816330660
e-mail: info@consorziocolliocarso.it
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