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Chianti Docg

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I vini Chianti sono ottenuti da Sangiovese: da 70 a 100% e possono inoltre concorrere alla produzione le uve provenienti da vitigni idonei alla coltivazione nell'ambito della regione Toscana.
Inoltre i vitigni a bacca bianca non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite
massimo del 10% e i vitigni Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 15%. 
La zona di produzione del vino Chianti DOCG, nelle sue varie articolazioni territoriali e tipologie, ricade interamente nel centro del territorio amministrativo della Regione Toscana. In particolare la zona di produzione del vino Chianti D.O.C.G., ricomprende i territori collinari particolarmente vocati alle produzioni di vini di eccellenza, ricadenti su porzione dei territori amministrativi delle Province di Arezzo, Firenze, Prato, Pistoia, Pisa e Siena.

La zona geografica delimitata, ricade nella parte centrale della regione Toscana, ed interessa parzialmente i territori collinari, a ridosso della catena degli Appennini, delle provincie di Arezzo, Firenze, Pistoia, Pisa, Prato e Siena.
Natura geologica: il Chianti nasce in una area geologicamente assai omogenea, situata a sud dell’Appennino e fra le latitudini che ricomprendono Firenze e Siena. Una fascia inizia a nord, dalla zona del Mugello verso Rufina e Pontassieve, prosegue lungo i monti del Chianti fino ad arrivare a ricomprendere il territorio del Comune di Cetona. L’altra si origina sul Montalbano e si allaccia alla Val di Pesa con direttrici verso San Gimignano e Montalcino. Il nucleo centrale è contornato da propaggini legate ai sistemi collinari dell’Aretino e del Senese, del Pistoiese, del Pisano e del Pratese. Queste fasce estreme e periferiche sono collegate fra loro da briglie trasversali. In particolare, il territorio del Chianti, dal punto di vista geologico, per la sua vastità, può essere suddiviso in quattro sistemi, in odine di età di formazione decrescente: dorsali preappenniniche mioeoceniche, le colline plioceniche, la conca intermontana del Valdarno Superiore con i depositi pleistocenici, ed i depositi alluvionali. L’altitudine dei terreni collinari coltivati a vite è compresa mediamente fra i 200 ed i 400 m.s.l.m. con giacitura ed orientamento
adatti. Il disciplinare di produzione (art. 4) prevede comunque una altitudine massima, dell’ubicazione dei vigneti di 700 m sul livello del mare.
Clima: il clima dell’area si inserisce nel complesso climatico cosiddetto della collina interna della Toscana. Il clima del comprensorio può essere definito da “umido” a “subumido”, con deficienza idrica in estate. La piovosità media annua è di 867 mm. con un minimo di 817 mm. ed un massimo di 932 mm.. La piovosità massima si registra, di regola, nel mese di novembre con 121 mm. e la minima in luglio con 32 mm.. Il mese di agosto è quello mediamene più caldo, con temperature medie di oltre 23°C., mentre il mese più freddo è solitamente gennaio, con temperature medie intorno ai 5 °C 

A.2) fattori umani rilevanti per il legame:
Di fondamentale importanza sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per
consolidata tradizione, hanno contribuito ad ottenere il vino “Chianti”. Anche se molti storici concordano sul fatto che furono gli etruschi ad introdurre la viticoltura nel territorio del Chianti, il ritrovamento di alcune viti fossili risalenti a decine di milioni di anni fa, induce a pensare un’origine ancora più antica per la più rinomata coltura della regione.
Nel corso dei secoli, quindi, la viticoltura ha mantenuto il ruolo della coltura principale e di riferimento del territorio, attorno a cui sono ruotati gli altri settori produttivi agricoli, fino all’inizio degli anni settanta, con il passaggio dalla conduzione associata “mezzadrile”, a quella del cosiddetto “conto diretto”. Questo passaggio epocale, ha visto la migrazione di forza lavoro dal settore primario verso attività extragricole come edilizia ed industria con il conseguente abbandono delle campagne dovuto alla l’urbanizzazione delle popolazioni. Ciò forzatamente ha portato alla riformulazione di un nuovo sistema di conduzione, del cosiddetto “conto diretto”, che drasticamente impose di trasformare le vecchie superfici vitate, spesso nella forma della coltura promiscua, viti maritate con sostegno vivo, in nuovi vigneti specializzati moderni e facilmente meccanizzabili, grazie anche al supporto economico dei vari programmi F.E.O.G.A..
Il Consorzio vino Chianti è nato dallo spirito innovativo ed imprenditoriale dei viticoltori fiorentini nel 1927, con finalità di difesa per il commercio interno e dell’esportazione del vino “tipico Chianti”.
Con Decreto Ministeriale del 31 luglio 1932, nella logica di una attiva difesa dei vini tipici italiani, venne delimitato per la prima volta il territorio di produzione del vino “tipico Chianti”, costituito da sette zone di produzione, che sono rimaste tal quali, così come contenute nell’attuale delimitazione. 
Il vino Chianti ottenne il riconoscimento come Denominazione di Origine Controllata con Decreto del Presidente della Repubblica del 9 agosto 1967, con approvazione del relativo disciplinare di produzione, ove oltre alle zone di produzione identificate con il precedente Decreto Ministeriale del 1932, furono inseriti i territori ad esse vicine, ricadenti nelle provincie di Arezzo, Firenze, Prato, Pisa, Pistoia e Siena.
Grazie al lavoro sapiente dei produttori vitivinicoli ed all’attivismo dell’industria di settore, si crearono le condizioni affinché il vino Chianti ottenesse una enorme diffusione ed apprezzamenti, sui mercati interni ed internazionali. Il vino Chianti, con i suoi imprenditori sempre all’avanguardia sia nel settore della produzione che della commercializzazione, per la sua qualità e, per il fatto che aveva contribuito a far conoscere l’Italia ed i prodotti italiani sui mercati di tutto il mondo, ottenne il riconoscimento come vino Chianti D.O.C.G, con Decreto del Presidente della Repubblica del 2 luglio 1984.
L’incidenza dei fattori umani, per questo settore, ma anche per altri settori dell’agricoltura, quale potrebbe essere quello olivicolo, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico-produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
- base ampelografica dei vigneti:
i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono essenzialmente quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, come riportati all’art.2 del disciplinare. In particolare, il vitigno principe è il Sangiovese n., che può variare dal 70%, fino al 100%.
- le forme di allevamento, i sesti di impianto ed i sistemi di potatura:
per quanto attiene le forme di allevamento non ci sono particolari limitazioni, lasciando al viticoltore ampia scelta della forma più confacente alle proprie esigenze aziendali ed organizzative, con la sola eccezione, che la forma prescelta, non vada a modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino, escludendo in assoluto, comunque, ogni forma di allevamento su tetto orizzontale, tipo tendone.
I nuovi impianti devono essere realizzati con almeno 4.000 ceppi per ettaro. I sistemi di potatura devono essere tali da non modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino.
E’ vietata qualsiasi pratica di forzatura, mentre è consentita l’irrigazione di soccorso.
- le pratiche relative all’elaborazione dei vini:
sono quelle tradizionalmente consolidate in zona, per la vinificazione di vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base, e la tipologia “riserva” e “superiore”; riferite quest’ultime a vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento: 2 anni per il Chianti, 2 anni, di cui almeno 6 mesi, in fusti di legno, per le sottozone Chianti Rufina e Chianti Colli Fiorentini. Per i “Colli Senesi”: 2 anni, di cui almeno 8 mesi, in fusti di legno, con successivo affinamento in bottiglia, per almeno 4 mesi.
Le rese in uva di cui al precedente art. 4, paragrafo sei, decrescono da 9 tonnellate ettaro della tipologia base “Chianti”, a 7,5 tonnellate/ettaro della tipologia “superiore”. Anche l’immissione al consumo, di cui all’articolo 5, paragrafo sei, decorre dal primo di marzo, dell’anno successivo alla vendemmia, per la tipologia base “Chianti” ed alcune sottozone, mentre per la sottozona “Chianti Montespertoli” al primo giugno, e per “Chianti Colli Fiorentini”, “ Chianti Rufina” e “Chianti Superiore”, al primo settembre.


B) informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico:
La D.O.C.G. “Chianti” è riferita a varie tipologie di vino rosso –di “base” – “di sottozona” “superiore” e “riserva”- che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche peculiari, descritte dall’art. 6 del disciplinare di produzione, che ne permettono una chiara individuazione legata all’ambiente geografico.
In particolare tutti i vini presentano un giusto grado di acidità, il colore è rubino vivace tendente al granato con l’invecchiamento. L’odore si presenta intensamente vinoso, talvolta con profumo di mammola e con un più pronunziato carattere di finezza nella fase dell’invecchiamento. Il sapore si presenta armonico, sapido, leggermente tannico, che si affina col tempo al morbido vellutato; il prodotto dell’annata che è stato sottoposto alla pratica del “governo all’uso Toscano” presenta vivezza e rotondità.


C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
L’orografia collinare della zona di produzione ove sono realizzati gli impianti vitati, destinati alla produzione della denominazione Chianti, nonché l’ubicazione e l’orientamento degli stessi vigneti, contribuiscono ad attribuire una caratterizzazione inequivocabile alla zona delimitata al precedente art. 3), per una produzione vitivinicola, di qualità eccelsa.
Le stesse caratteristiche fisiche, tessitura e struttura chimico-fisica dei terreni contribuiscono in modo determinante, in abbinamento ad una oculata scelta dei vitigni e dei relativi portainnesti, all’ottenimento delle peculiari caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche del vino “Chianti”.
La dimensione dell’area, come detto nella descrizione geologica dei terreni, ricomprende diverse tipologie di terreno, che vanno dal terreno argilloso a quello argilloso con presenza di scheletro, a quello di medio impasto, fino al sabbioso. Di regola, sono terreni con media fertilità, con giacitura dal collinare dolce al collinare accentuato, financo a terreni che necessitano sistemazioni più estreme come i terrazzamenti.
Il clima dell’areale di produzione, come detto, presenta precipitazioni medie annuali di 867 mm.. Il periodo di deficit idrico inizia, di regola, a giugno con modesta piovosità, ma è nei mesi di luglio ed agosto, che si presenta più significativo. La combinazione della scarsità di pioggia in estate con una temperatura media elevata, insolazione adeguata, produce uno stress alla vite che contribuisce ad ottenere un’uva particolarmente adatta a produrre un vino Chianti con caratteristiche positive.
E’ grazie alla combinazione dell’ambiente in cui sono realizzati i vigneti, con i fattori umani, incidenti nelle scelte tecniche di realizzazione del vigneto e della sua quotidiana gestione agronomica, che si riesce ad avere un prodotto, il quale, pur nelle sue articolazioni e specificità, rappresenta un vino unico al mondo.
Il termine Chianti rappresenta, assieme alla tradizioni culturali secolari, alla storia, alla letteratura, alla gastronomia, alla popolazione ivi residente, non solo un grande vino, ma anche un sistema socio-economico più complesso. 
Il grande sviluppo della viticoltura si è avuto con l’avvento della famiglia dei Medici. Già nella seconda metà del 1400, Lorenzo dei Medici, nel Simposio e nella Canzone di Bacco, illustra un clima popolaresco, dove il vino è l’essenza di un teatro di arguzie e banalità, al limite grottesco. Fu dunque, il vino per i Medici, già mercanti e banchieri, un bene ed un dono, fu alimento, merce e simbolo. Si dice che dai tempi del duro e sagace Cosimo il Vecchio fino allo sfortunato Gian Gastone, il vino preferito a casa Medici fosse quello prodotto nella zona del Chianti. Oltre ai vini di provenienza da tali zone, si beveva, prima a Palazzo di Via Larga, poi a Pitti e sempre nelle Ville medicee del contado, anche vini Schiavo, Vernaccia, Moscatello, Greco, Malvasia, il Ribolla ed il vin cotto.
Stretto è il legame che lega la dinastia medicea con la scienza enologica o più semplicemente con il vino. Non a caso, rifacendo nel Cinquecento il duecentesco Palazzo Vecchio, in onore dei Medici, le colonne furono adornate di pampani, tralci ed uve, che ancora, si possono ammirare nel cortile del palazzo.
I Medici furono Signori di Firenze, del contado e, dal Cinquecento, furono Granduchi di Toscana. E’ naturale dunque che uno dei prodotti più rinomati, della regione, diventasse cura del mondo della politica. Ma, il vino segnò anche l’allegria, il fasto, il desiderio di ebrezza e di smemoratezza che molti Medici, e Lorenzo fra tutti, coltivarono, non senza una vena segreta di malinconia.
Molte dispute si sono accese per stabilire quanti anni abbia il Chianti, compresa quella del significato del nome: per alcuni significa “battito di ali” o “clamore e suoni di corni” oppure è più semplicemente l’estensione topografica della parola etrusca “Clante”, nome personale, frequente nell’onomastica di quel popolo, di cui sono state trovate tracce in certe scritture contabili del XIV secolo. Lamberto Paronetto, in un suo libro, ne menziona l’uso in un atto di donazione del 790 appartenente alla Badia di San Bartolomeo a Ripoli. 
Dall’atto di donazione si passa, con un salto di molti secoli, ai documenti dell’archivio Datini (1383-1410) di Prato, dove viene anche usato, per la prima volta, il termine “Chianti” per designare un tipo speciale di vino. Comunque, una fra le remote e sicure citazioni della parola “Chianti”, riferita al vino, sembra quella apparsa nella sacra rappresentazione di S. Antonio sulla fine del quattrocento o dei primi anni del cinquecento. Tuttavia, nonostante le rare apparizioni quattrocentesche e cinquecentesche della parola, la denominazione corrente di questo vino resterà ancora per parecchio tempo riferita al nome di “vermiglio” o a quello di “vino di Firenze”. Solo nel seicento, con l’intensificarsi dello smercio e delle esportazioni, il nome della regione verrà universalmente riconosciuto anche per il celebre prodotto di questa territorio.
Nel settembre del 1716, gli “illustrissimi signori deputati della nuova congregazione sopra il commercio del vino” fissarono i termini del commercio dentro e fuori “li Stati di Sua Altezza Reale”, formulando, senza volerlo, il primo vero e proprio disciplinare del “Chianti” e degli altri vini, allora famosi, destinati in futuro a fondersi, nella sua denominazione.
Il Bando affisso “nei luoghi soliti ed insoliti” di Firenze, regolamentava oltre alla zona originaria del Chianti, anche quella del Carmignano, Pomino, e Valdarno di Sopra.
L’editto granducale, tra l’altro, comminava pene severe per tutti i casi di contraffazione e di traffico clandestino, anticipando la disciplina per i luoghi di origine, preludio all’odierna denominazione controllata e garantita. Scrivevano all’epoca gli illustrissimi controllori: “tutti quei vini che non saranno prodotti e fatti nelle regioni confinate, non si possono, ne’ devono, sotto qualsiasi pretesto o questo colore, contrattare per navigare, per vino Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra, sotto le pene contenute nello enunciato bando”.
Il bando parlava chiaro:
“Premendo all’Altezza Reale del Serenissimo Granduca di Toscana, nostro signore che si mantenga l’antico credito di qualsiasi genere di mercanzie che si stacchino dai suoi felicissimi Stati, non solo per il decoro della Nazione quale ha conservato sempre un’illibata fede pubblica, che per cooperare al possibile per il sollievo dei suoi amatissimi sudditi ….”
Fu deciso, quindi, di ordinare la costituzione di un’apposita congregazione, con il compito di vigilare che i vini toscani commessi per navigare, fossero muniti di una garanzia per maggiore sicurezza della qualità loro: “ … criminalmente contro i vetturali, i navicellai e altri che maneggiassero detti vini per le frodi fino alla consegna nei magazzini del compratore forestiero o ai bastimenti direttamente e a seconda del danno cagionato riguardante il benefizio pubblico”.
Fino poi ad arrivare, all’intuizione del Barone Bettino Ricasoli, con la definizione della base ampelografica del vino Chianti e dell’introduzione di speciali tecniche di vinificazione, quali quella del “governo”, utilizzando uve “colorino”, preventivamente appassite su stuoie di canne (cannicci). La pratica del “governo”, conferisce al vino un più elevato tenore di glicerina e ne risulta una maggiore rotondità di “beva”, che lo rende adatto ad accompagnarsi ai piatti tipici toscani, quali salumi, arrosti, carne alla griglia, etc.
Nel 1870, Ricasoli, scriveva al professor Studiati dell’Università di Pisa: “il vino riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo e una certa vigoria di sensazione; dal Canaiolo l’amabilità che tempra la durezza del primo senza togliergli nulla del suo profumo, per esserne pur esso dotato; la Malvasia tende a diluire il prodotto delle prime due uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoprabile all’uso della tavola quotidiana”.
Negli anni a noi più vicini, il vino Chianti ottenne il riconoscimento come Denominazione di Origine Controllata con Decreto del Presidente della Repubblica del 9 agosto 1967, con approvazione del relativo disciplinare di produzione, ove oltre alle zone di produzione identificate con il Decreto Ministeriale del 1932, furono inseriti i territori ad esse vicine, ricadenti nelle provincie di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia e Siena e, nell’anno 1984, grazie al lavoro sapiente dei produttori vitivinicoli ed all’attiva industria collaterale di settore, si crearono le condizioni affinché il vino Chianti ottenesse il riconoscimento, come vino Chianti D.O.C.G, con Decreto del Presidente della Repubblica del 2 luglio 1984.

VITIGNI

Sangiovese N

VITIGNI SECONDARI
** Abrusco N (OIV)
* Albana B (OIV)
** Albarola B (OIV)
** Aleatico N (OIV)
* Alicante Bouschet N (OIV)
* Alicante N (OIV)
* Ancellotta N (OIV)
* Ansonica B (OIV)
* Barbera N (OIV)
** Barsaglina N (OIV)
** Biancone B (OIV)
** Bonamico N (OIV)
** Bracciola Nera N (OIV)
* Calabrese N (OIV)
** Caloria N (OIV)
** Canaiolo Bianco B (OIV)
** Canaiolo Nero N (OIV)
** Canina Nera N (OIV)
** Carignano N (OIV)
** Carmenere N (OIV)
** Cesanese d'Affile N (OIV)
* Chardonnay B (OIV)
** Ciliegiolo N (OIV)
** Clairette B (OIV)
** Colombana Nera N (OIV)
** Colorino N (OIV)
** Durella B (OIV)
* Fiano B (OIV)
** Foglia Tonda N (OIV)
** Gamay N (OIV)
** Grechetto B (OIV)
** Greco B (OIV)
** Groppello di S. Stefano N (OIV)
** Groppello Gentile N (OIV)
** Incrocio Bruni 54 B (OIV)
* Lambrusco Maestri N (OIV)
** Livornese Bianca B (OIV)
** Malbech N (OIV)
** Malvasia Bianca di Candia B (OIV)
** Malvasia Bianca Lunga B (OIV)
** Malvasia Istriana B (OIV)
* Malvasia N (OIV)
** Malvasia Nera di Brindisi N (OIV)
** Malvasia Nera di Lecce N (OIV)
** Mammolo N (OIV)
** Manzoni Bianco B (OIV)
** Marsanne B (OIV)
** Mazzese N (OIV)
* Merlot N (OIV)
* Montepulciano N (OIV)
* Moscato Bianco B (OIV)
** Muller-Thurgau B (OIV)
** Orpicchio B. (OTHER)
** Petit manseng b. (OTHER)
** Petit Verdot N (OIV)
* Pinot Bianco B (OIV)
* Pinot Grigio G (OIV)
* Pinot Nero N (OIV)
** Pollera Nera N (OIV)
** Prugnolo Gentile N (OIV)
** Rebo N (OIV)
** Refosco dal Peduncolo Rosso N (OIV)
** Riesling Italico B (OIV)
* Riesling renano B (OTHER)
** Roussane B (OIV)
* Sagrantino N (OIV)
** Sanforte N (OTHER)
* Sauvignon B (OIV)
** Schiava Gentile N (OIV)
** SEMILLON B. (MAIN)
* Syrah N (OIV)
** Tempranillo N (OIV)
* Teroldego N (OIV)
** Traminer Aromatico Rs (OIV)
** Trebbiano Toscano B (OIV)
* Verdea B (OIV)
* Verdello B (OIV)
* Verdicchio Bianco B (OIV)
* Vermentino B (OIV)
* Vermentino Nero N (OIV)
** Vernaccia di S Gimignano b. (MAIN)
** Viogner B (OIV)

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