Proposta di modifica del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale IGP 2023. Nuovo disciplinare di produzione
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Modifica del disciplinare di produzione del Sistema di qualita' nazionale Vitellone e/o Scottona ai cereali
La specificita' della carne del bovino adulto ai "cereali" e' infatti data dall'utilizzo di bovini maschi e femmine appartenenti esclusivamente a razze da carne o a duplice attitudine o relativi incroci, macellati ad un'eta' compresa tra 12 e 22 mesi, allevati negli ultimi mesi di accrescimento e finissaggio con la tecnica tradizionale dell'allevamento protetto e alimentazione basata prevalentemente sui cereali ad elevato contenuto energetico.
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Il Disciplinare di produzione del vitellone ai cereali definisce un processo produttivo nell'ambito di un Sistema di qualita' nazionale zootecnia (SQN) per le carni bovine contrassegnate dalla denominazione "vitellone/scottona ai cereali" in conformita' alle prescrizioni del decreto ministeriale 4 marzo 2011.
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Per IGP Vitelloni Piemontesi della Coscia si intende carni fresche ottenute dalla macellazione di bovini maschi e femmine di razza Piemontese iscritti al relativo libro genealogico o figli di entrambi i genitori iscritti al libro genealogico, di eta' superiore a 12 mesi, allevati e ingrassati, dallo svezzamento alla macellazione, nella Regione Piemonte nel l'intero territorio delle province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino e parte di quello delle province di Biella, Novara e Vercelli; e in alcuni comuni delle province di Imperia e Savona, nella Regione Liguria.
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Proposta di riconoscimento della IGP Vitelloni Piemontesi della coscia
L'Indicazione geografica protetta Vitelloni Piemontesi della coscia e' riservata alle carni ottenute dalla macellazione di bovini maschi e femmine di razza Piemontese iscritti al relativo Libro genealogico o figli di entrambi i genitori iscritti al Libro genealogico, di eta' superiore a 12 mesi, allevati e ingrassati, dallo svezzamento alla macellazione, nella zona di produzione che comprende il territorio amministrativo posto al di sotto dei 2.500 m slm. nella Regione Piemonte
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Molteplici testimonianze attestano nel tempo a partire dal see. XIII l'origine del prodotto a San
Gimignano. Al riguardo ricordiamo una delibera del Consiglio della Comunità del 1228 che
autorizza il rimborso di un pranzo effettuato dal Podestà Gregorio e costituito da "uno chapone, una
gallina et quatuor fercolis camium porchi et in ovis et pipere et croco". La qualità e rinomanza che
fin dal 1200 ebbe lo zafferano di San Gimignano è documentata non solo da una significativa
esportazione del prodotto verso altre piazze italiane (Pisa 1238, Genova 1291), ma anche dalla
inedita direzione assunta dalla corrente di traffico verso i paesi orientali e africani
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La DOP Zafferano di Sardegna è riservata allo zafferano essiccato in stimmi o fili proveniente dalle coltivazioni di Crocus sativus L. All'atto dell'immissione al consumo si presenta di colore rosso brillante determinato dal contenuto di crocina, aroma molto intenso derivante dal contenuto di safranale e gusto deciso scaturente dal contenuto di picrocrocina ed è prodotto nell'intero territorio dei comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, situati nella provincia del Medio Campidano (Sardegna).
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Per latte fieno di capra s’intende il latte di capra ottenuto dai produttori lattieri che si sono impegnati a rispettare i seguenti criteri: il divieto di impiegare animali e mangimi designati come «geneticamente modificati» ai sensi della normativa vigente.
Il latte fieno di capra è prodotto in modo tradizionale nel rispetto dello «Heumilchregulativ» (normativa sulla produzione del latte fieno). Questo tipo di latte è caratterizzato dal divieto di ricorso, nella produzione, a mangimi fermentati come i foraggi insilati e ad animali e mangimi identificati come geneticamente modificati dalla normativa vigente.
La produzione e la trasformazione del latte fieno di capra sono antiche quanto l’allevamento delle capre in agricoltura (circa XI secolo a.C.). L’allevamento delle capre era ampiamente diffuso nel Medio Evo negli «Schwaighöfen» (aziende agricole tradizionali) delle prealpi e delle Alpi tirolesi dove le capre erano spesso portate al pascolo nei prati da sfalcio molto accidentati, in particolare quando si trovavano lontano dagli alpeggi, il che consentiva ai lavoratori di disporre del latte.
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