Maremma toscana Doc
Proposta di modifica ordinaria del disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata dei vini «Maremma Toscana»
Maremma Toscana
Bianco: Trebbiano Toscano e/o Vermentino (min. 40%) o Trebbiano Toscano e/o Malvasia (100%), Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Viognier. Rosato: Sangiovese e/o Ciliegiolo (min. 40%).
Rosso: Sangiovese (min. 40%), Alicante, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Canaiolo, Ciliegiolo, Merlot, Syrah
ZONA DELIMITATA Intero territorio amministrativo della Provincia di Grosseto
MINISTERO DELL'AGRICOLTURA, DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE E DELLE FORESTE
COMUNICATO
Proposta di modifica ordinaria del disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata dei vini «Maremma toscana». (23A01528)
(GU n.62 del 14-3-2023)
Il Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e
delle foreste, ai sensi del decreto ministeriale 6 dicembre 2021,
recante la procedura a livello nazionale per l'esame delle domande di
protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari,
in applicazione della legge n. 238/2016, nonche' del regolamento
delegato UE n. 33/2019 della Commissione e del regolamento di
esecuzione UE n. 34/2019 della Commissione, applicativi del
regolamento UE del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1308/2013;
Visto il decreto ministeriale 30 novembre 2011, pubblicato sul
sito internet del Ministero - Sezione Qualita' - Vini DOP e IGP e
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 295 - 20
dicembre 2011, con il quale e' stato consolidato il disciplinare
della denominazione di origine controllata dei vini «Maremma
toscana»;
Visto il decreto ministeriale 7 marzo 2014, pubblicato sul citato
sito internet del Ministero - Sezione Qualita' - Vini DOP e IGP, con
il quale e' stato aggiornato il disciplinare di produzione della
denominazione di origine controllata dei vini «Maremma toscana»;
Visto il decreto ministeriale 30 luglio 2020, pubblicato sul sito
internet del Ministero - Sezione Qualita' - Vini DOP e IGP e nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 201 del 12 agosto
2020, con il quale e' stato modificato il disciplinare della
denominazione di origine controllata dei vini «Maremma toscana»;
Vista la Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. C 437 del 18
dicembre 2020 concernente la pubblicazione della comunicazione di
approvazione della modifica ordinaria, ai sensi dell'art. 17 del reg.
UE n. 33/2019, del disciplinare di produzione della denominazione di
origine controllata dei vini «Maremma toscana», di cui al predetto
decreto ministeriale del 30 luglio 2020;
Esaminata la documentata domanda, presentata per il tramite della
Regione Toscana, su istanza del Consorzio vini della Maremma Toscana
con sede in Grosseto, intesa ad ottenere la modifica del disciplinare
di produzione della denominazione di origine controllata dei vini
«Maremma toscana», nel rispetto della procedura di cui al citato
decreto ministeriale 6 dicembre 2021, nonche' dell'analogo
preesistente decreto ministeriale 7 novembre 2012;
Considerato che per l'esame della predetta domanda e' stata
esperita la procedura di cui all'art. 6 e 7 del decreto ministeriale
7 novembre 2012, ed all'art. 13 del decreto ministeriale 6 dicembre
2021, relativa alle domande di modifiche ordinarie dei disciplinari
e, in particolare:
e' stato acquisito il parere favorevole della Regione Toscana;
e' stato acquisito il parere favorevole del Comitato nazionale
vini DOP e IGP, espresso nella riunione del 10 febbraio 2023, che ha
formulato la relativa proposta di modifica del disciplinare;
Provvede, ai sensi dell'art. 13, comma 6, del decreto
ministeriale 6 dicembre 2021, alla pubblicazione dell'annessa
proposta di modifica ordinaria del disciplinare di produzione della
denominazione di origine controllata «Maremma toscana».
Le eventuali osservazioni alla suddetta proposta di modifica del
disciplinare di produzione, in regola con le disposizione contenute
nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642
«Disciplina dell'imposta di bollo» e successive modifiche ed
integrazioni, dovranno essere inviate dagli interessati al Ministero
dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste -
Ufficio PQAI IV, al seguente indirizzo di posta elettronica
certificata: saq4@pec.politicheagricole.gov.it - entro trenta giorni
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del presente
comunicato.
Allegato
Annesso
Proposta di modifica ordinaria del disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata dei vini «Maremma Toscana» La proposta di modifica integrale e' pubblicata sul sito internet del Ministero (https://www.politicheagricole.it), seguendo il percorso:
Qualita' › Vini DOP e IGP › Domande di protezione e modifica disciplinari - Procedura nazionale › Anno 2023 › 2B. Domande «modifiche ordinarie» disciplinari › Procedura nazionale preliminare - pubblicazione in GU delle proposte di modifiche ordinarie dei disciplinari, ovvero al seguente link:
https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/19090
seguendo il percorso: 2B. Domande «modifiche ordinarie» disciplinari › Procedura nazionale preliminare - pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana delle proposte di modifiche ordinarie dei disciplinari.
Modifiche ordinarie al disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata dei vini «Maremma toscana». (20A04279) - (GU n.201 del 12-8-2020)
Elenco vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Toscana, per i vini Maremma Toscana” DOC
ABRUSCO N.
ALBANA B.
ALBAROLA B.
ALEATICO N.
ALICANTE N.
ALICANTE BOUSCHET N.
ANCELLOTTA N.
ANSONICA B.
BARBERA N.
BARSAGLINA N.
BIANCONE B.
BONAMICO N.
BRACCIOLA NERA N.
CABERNET FRANC N.
CABERNET SAUVIGNON N.
CALABRESE N.
CALORIA N.
CANAIOLO BIANCO B.
CANAIOLO NERO N.
CANINA NERA N.
CARIGNANO N.
CARMENERE N.
CESANESE D'AFFILE N.
CHARDONNAY B.
CILIEGIOLO N.
CLAIRETTE B.
COLOMBANA NERA
COLORINO N.
DURELLA B.
FIANO B.
FOGLIA TONDA N.
GAMAY N.
GRALIMA N.
GRAND NOIR N.
GRATENA N.
GRECHETTO B.
GRECO B.
GROPPELLO DI S. STEFANO N.
GROPPELLO GENTILE N.
INCROCIO BRUNI 54 B.
LAMBRUSCO MAESTRI
LIVORNESE BIANCA B.
MALBECH N.
MALVASIA BIANCA DI CANDIA B.
MALVASIA BIANCA LUNGA B.
MALVASIA ISTRIANA B.
MALVASIA N.
MALVASIA NERA DI BRINDISI N.
MALVASIA NERA DI LECCE N.
MAMMOLO N.
MANZONI BIANCO B.
MARSANNE B.
MAZZESE N.
MERLESE N.
MERLOT N.
MONDEUSE N.
MONTEPULCIANO N.
MOSCATO BIANCO B.
MOSCATO D’AMBURGO N.
MOUVÉDRE N.
MÜLLER THURGAU B.
NOCCHIANELLO BIANCO B.
NOCCHIANELLO NERO N.
ORPICCHIO B.
PETIT MANSENG B.
PETIT VERDOT N.
PINOT BIANCO B.
PINOT GRIGIO G.
PINOT NERO N.
POLLERA NERA N.
PRUGNOLO GENTILE N.
PUGNITELLO
REBO N.
REFOSCO DAL PEDUNCOLO
ROSSO N.
RIESLING B.
RIESLING ITALICO B.
ROUSSANE B.
SAGRANTINO N.
SANFORTE N.
SANGIOVESE N.
SAUVIGNON B.
SCHIAVA GENTILE
SEMILLON B.
SYRAH N.
TEMPRANILLO N.
TEROLDEGO N.
TRAMINER AROMATICO Rs
TREBBIANO TOSCANO B.
VERDEA B.
VERDELLO B.
VERDICCHIO BIANCO B.
VERMENTINO B.
VERMENTINO NERO N.
VERNACCIA DI S. GIMIGNANO B
VIOGNER B.
LEGAME CON LA ZONA GEOGRAFICA DOC "Maremma Toscana"
Informazioni sulla zona geografica:
A.1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
La zona geografica delimitata ricade nella parte meridionale della regione Toscana e, in particolare, nell’intero territorio amministrativo della provincia di Grosseto, una delle più vaste d’Italia, delimitata a ovest, in tutta la fascia costiera, dal mar Tirreno, a nord dai confini con la provincia di Livorno lungo il corso dei fiumi Cornia e Pecora, a sud dalla provincia laziale di Viterbo lungo il corso del fiume Fiora e del fosso Chiarone, e ad est dai confini con le province di Pisa e Siena caratterizzati, a nord-est, dai rilievi delle Colline Metallifere, quindi dal corso del fiume Ombrone e del suo affluente Orcia, dal massiccio del Monte Amiata e, più a sud, dalla Selva del Lamone. La provincia di Grosseto è suddivisa in 28 Amministrazioni Comunali di varia estensione territoriale e con caratteristiche morfologiche piuttosto diverse e può essere suddivisa idealmente in tre zone abbastanza distinte per clima, altitudine e morfologia: Zona montana (interno), zona mediana (fascia collinare e pedecollinare) e zona pianeggiante.
La zona montana dell’interno della provincia, a nord-est, è quella confinante con le province di Pisa e Siena, definita, appunto, montana perchè vi predominano rilievi montuosi come il Monte Amiata a sud-est con oltre 1.700 metri di altitudine e le Cornate di Gerfalco a nord-est con oltre 1.000 metri di altitudine. Questa parte, che rappresenta circa il 14% del territorio provinciale, è ricoperta da boschi di faggi, abeti, lecci e castagni; qui le precipitazioni, in inverno anche nevose, sono insistenti e abbastanza abbondanti. La zona mediana è costituita da una fascia collinare e pedecollinare, che da nord a sud percorre longitudinalmente tutta la provincia.
In questa area, che rappresenta circa il 70% dell’intero territorio provinciale, sono concentrate in massima parte le attività agricole e le coltivazioni arboree; tra queste, predominano nettamente la vite e l’olivo, tanto da caratterizzarne il paesaggio. La zona pianeggiante, circa il 16% del territorio provinciale, è rappresentata dalla pianura intorno a Follonica, Grosseto e Orbetello-Albinia. In questa area, per la sua vicinanza al mar Tirreno, i terreni vengono destinati principalmente alle coltivazioni erbacee e alle colture industriali di pieno campo e, in misura minore, agli impianti arborei. I terreni della provincia di Grosseto si presentano, nei vari ambienti, con alcune differenze, dovute alla diversa natura e alle diverse origini delle rocce da cui si sono formati.
I principali tipi di terreno agrario, provenienti da rocce autoctone, possono essere così individuati e rappresentati:
terreni alluvionali sciolti e mezzani calcarei: sono prevalenti nella valle dell’Ombrone, dell’Osa, dell’Albegna, del Fiora e del Cornia. Sono terreni profondi, freschi, mediamente fertili, piuttosto sciolti e mezzani;
terreni alluvionali pesantie medio pesanti calcarei: sono presenti in gran parte nella pianura grossetana, di Follonica e di Albinia, in alcuni tratti della valle del Cornia, del Pecora e dell’Albegna, e sono terreni limo-argillosi-calcarei, il più delle volte umidi;
terreni sabbiosi, rocciosi sciolti: appartengono a questo gruppo i terreni poco profondi, sabbiosi e sabbioso-argillosi, che riposano nelle arenarie di vario tipo, dell’eocene e su conglomerati rocciosi di travertino. Queste formazioni si riscontrano con notevole frequenza lungo l’intero sviluppo del retroterra maremmano, sono in genere sciolti, permeabili e di modesta fertilità;
terreni pliocenici sciolti: si riscontrano frequentemente nelle zone collinari e pedecollinari, sono abbastanza sciolti, sabbiosi, calcarei e spesso frammisti a ghiaia e silice. A questo gruppo appartengono anche i terreni sabbioso-argillosi pliocenici con tessitura prevalentemente argillosa della parte fine;
terreni grossolani sciolti: questi terreni grossolani, ghiaio-sabbiosi profondi, poggiano sul terzo orizzonte pliocenico o su ciottolami del quaternario, sono provvisti di ciottoli calcarei e silicei, molto aridi. Si trovano prevalentemente nelle colline che contornano la piana da Follonica a Gavorrano e Ribolla;
terreni vulcanici e mezzani, rocciosi: di natura tufacea di diversa consistenza, a causa delle difformi condizioni di sedimentazione di ceneri, sabbie e lapilli espulsi e trascinati dai venti e depositati per gravità più o meno lontano dal cratere. Trattasi di terreni agrari più o meno profondi sub-acidi, ricchi di scheletro, tendenzialmente aridi.
La quota media del territorio della provincia di Grosseto è di circa 140 metri s.l.m., mentre la pendenza media è del 5%; l’esposizione prevalente è a sud-est. Il clima della provincia di Grosseto è temperato, di tipo mediterraneo, caratterizzato da temperature miti, precipitazioni disordinate, talora di elevata intensità nei mesi autunno-invernali e da una aridità piuttosto prolungata nella primavera e accentuata nei mesi estivi. Tuttavia, data la vastità del territorio, si possono identificare tre diverse condizioni climatiche: clima temperato caldo, presente in tutta la fascia costiera con piovosità molto scarsa (clima secco arido nel periodo estivo), con temperatura media intorno a 16°C e precipitazioni inferiori a 700 mm/anno; clima temperato sublitorale, presente nelle aree interne, il quale risente comunque della vicinanza del mare, con temperatura media intorno a 14- 14,5°C e precipitazioni medie di circa 800 mm/anno; clima temperato fresco, su tutta l’area del Monte Amiata, con temperatura media inferiore a 12°C e precipitazioni intorno ai 1.100 mm/anno. Le precipitazioni sono concentrate soprattutto nei mesi autunnali-invernali. La massima piovosità è localizzata tra la fine di ottobre e la seconda decade di dicembre – col mese di novembre che fa registrare il valore massimo – la cui intensità provoca, talvolta, erosioni e dilavamenti in collina, e non mancano episodi alluvionali in pianura come quelli provocati dai fiumi Ombrone, Pecora, Bruna, Albegna e Sovata. Nel periodo compreso tra gennaio e maggio la pioggia è distribuita in maniera un po’ più omogenea con valori comparabili, che diminuiscono progressivamente dalla seconda decade di maggio, fino a raggiungere un minimo assoluto tra la prima e la terza decade di luglio, tanto che si può parlare di un’aridità di regola prolungata nella primavera e spesso accentuata nei mesi estivi. Le precipitazioni medie annue della provincia di Grosseto non raggiungono i 750 mm, con un minimo di 20 mm nel mese di luglio (dato medio) e un massimo di 120 mm nel mese di novembre (dato medio), e una temperatura media annua di 14,5°C; il mese più caldo è luglio; l’indice di Huglin si attesta tra 2.100 e 2.500 unità, a seconda dell’area considerata. Le estati sono per lo più siccitose e le condizioni di aridità sono accentuate dai venti che soffiano con frequenza soprattutto dal terzo al quarto quadrante; in particolare, nella primavera soffiano venti di Scirocco e di Libeccio piuttosto carichi di salsedine, mentre nell’estate il Maestrale che, sebbene provenga dal mare, è asciutto, regolando di fatto la temperatura; in inverno non è raro, invece, che soffi, anche in modo violento, la Tramontana.
A.2. Fattori umani rilevanti per il legame.
I fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito a ottenere i vini della «Maremma toscana», sono di fondamentale rilievo. In questa area, infatti, esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al periodo Etrusco – le antiche città etrusche di Vetulonia, Roselle e Sovana, rispettivamente nella parte centro-settentrionale, centrale e meridionale della provincia, le aree nei pressi del lago dell’Accesa a nord, di Ghiaccio Forte, di Marsiliana lungo l’Albegna, di Cosa e la villa di “Settefinestre” presso Capalbio che rappresenta un esempio di villa romana dedita all’attività viticola a sud, sono solo alcuni esempi di insediamenti più o meno rilevanti – come testimoniano alcuni reperti. In particolare, presso Marsiliana lungo il corso del fiume Albegna (Ager Cosanus), è stato rinvenuto un numero consistente di vasellame e pithoi (recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi), unitamente a fornaci per la produzione di anfore vinarie, probabilmente poiché il luogo corrispondeva a un vero e proprio centro di raccolta per i vini che provenivano dalle aree più interne (colline di Manciano e Scansano), trasportati lungo il corso del fiume. Inoltre, in alcune aree della provincia e sul territorio dell’isola del Giglio, sono stati rinvenuti numerosi palmenti in pietra, specie di vasche cilindriche scavate direttamente sulla roccia talvolta ai piedi di un vigneto, utilizzate da etruschi e, più tardi, romani, per la pigiatura e lo sgrondo delle uve.
Ma anche alcune pitture sul vasellame di origine etrusca, raffigurando la vite “domesticata”, possono essere interpretate come una conferma della familiarità della coltura della vite tra la gente di questo popolo. La dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; in questo periodo storico, la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie. In occasione delle lottizzazioni dei terreni feudali e comunali, furono infatti indicati esplicitamente, “concessioni di terre in zone a vocazione viticola”. Importante, inoltre, fu il ruolo dei monaci benedettini, soprattutto per il recupero e il mantenimento della coltivazione della vite, che si consolidò intorno alle mura dei centri abitati medioevali.
Nei secoli che vanno dal 1300 al 1600, come testimoniano numerosi statuti comunali (Comunità del Cotone, comuni di Massa Marittima e Monterotondo, ecc.), si ebbe un ulteriore sviluppo alla diffusione della viticoltura, grazie anche al merito delle grandi famiglie nobili presenti sul territorio, come gli Aldobrandeschi, gli Sforza o gli Orsini. Durante lo Stato dei Presidi fu nota anche la coltivazione del vitigno Ansonica in molte aree della Maremma meridionale e insulare, così come rilevante divenne, durante la grandiosa opera di bonifica intrapresa nel 1700 dai granduca di Lorena, la diffusione della coltivazione della vite e dell’olivo nelle aree risanate della Maremma, situazione che si protrasse per tutto l’Ottocento e che consentì di sviluppare l’attività vitivinicola, in modo capillare, su tutto il territorio provinciale. Le zone della provincia di Grosseto che hanno avuto in ogni tempo maggiore possibilità di affermazione nel campo economico e sociale sono quelle che hanno potuto legare la loro fortuna anche alla diffusione della vite. Studiosi di ogni tempo riconobbero i pregi delle uve di questo territorio e l’eccellenza dei vini prodotti. L’enotecnico Luigi Vivarelli, parlando di sistemi di allevamento della vite, scrive: “nel nostro mandamento è raro il caso di trovare la vite disposta ai lati dei campi, ma invece vi predomina la vigna specializzata e quindi la consociazione è pratica quasi sconosciuta….. Sarebbe utile piano piano, sostituire il filo di ferro alle canne giacchè esso permette una notevole economia…… La forma di potatura più in uso presso i nostri viticoltori, mi pare sia quella a cornetti con 5 o 6 occhi; non è certo un metodo sbagliato, ma ho l’opinione che si potrebbe con maggior vantaggio introdurre la potatura Guyot”.
Il dott. Alfonso Ademollo, in una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini, tenendo conto della vocazione viticola della Maremma, nel 1884 affermava che tutte le varietà “vegetano bene nel nostro suolo ed a noi non mancano le uve da spremere e da mangiare……”. L’Ademollo, nel fornire interessanti informazioni sulla situazione viticola della provincia, così scriveva: “La vite ha sempre allignato, fino dalle epoche più remote, nella provincia di Grosseto. Le varietà di vite da noi conosciute e coltivate sono molte, poichè si può asserire che tutte le varietà di sì prezioso sarmento, anche le esotiche, vegetano bene nel nostro suolo……Le principali varietà della vite che si coltivano nella zona piana e collinosa, sono le anzonache bianche e rosse, le riminesi, i moscatelli, le alicanti, le aleatiche, le malvasie, li zibibbi, il biancone, il sangioveto, le cannaiole, i procanici, le lambrusche e le altre varietà di uve bianche e rosse… Le vigne pure da qualche tempo si sono estese ed hanno migliorato nel proprio prodotto, ma tuttavia anche per questo lato la provincia di Grosseto sarebbe capace di più, poichè la vite cresce benissimo e porge preziosi e squisiti grappoli in ogni parte della provincia, perchè non abbiamo veramente nè caldi nè freddi eccessivi, perché la posizione geografica della provincia è compresa fra i 30 e 50° di latitudine e perchè dovunque trovasi terreni leggeri, permeabili, aridi nelle parti elevate, dovute a sabbie, a rocce decomposte, a detriti vulcanici e sassaie”. Da ciò la categorica affermazione: “La provincia di Grosseto, per cinque sesti ha terreno adatto alla viticoltura”.
Parlando dei pregi e dei difetti del vino prodotto nella zona lo stesso Ademollo così si esprimeva: “II vino, questo benefico liquido che ha tanta importanza nella pubblica e privata economia, come nella pubblica e privata salute, viene prodotto dai nostri viticoltori con sempre crescente progresso e accuratezza in ogni parte della provincia di Grosseto, sia nella zona piana, che in quella montuosa, e per la bontà e quantità in alcuni Comuni è di una rendita importante ai proprietari……”. Sempre in natura di notizie storiche, interessanti sono le tecniche di coltivazione adottate nelle rasole all’uso scansanese descritte dall’agronomo L. Vannuccini. Nel ventesimo secolo, caratterizzato da due eventi bellici e da un ventennio di dittatura politica, la situazione viticola provinciale ha seguito le sorti dell’agricoltura in genere, il cui obiettivo principale era quello di conseguire un’economia di consumo e la piena occupazione della mano d’opera. In tale periodo, la viticoltura era condizionata dalla polverizzazione delle proprietà diretto coltivatrici e dalle diffuse forme di conduzione mezzadrile, che rappresentavano delle limitazioni alla espansione della specializzazione viticola. Nonostante ciò, nella prima metà del secolo scorso, la superficie vitata non subisce in Maremma profonde modificazioni. Nei decenni successivi, invece, si moltiplicano le iniziative di molti proprietari, intese a sviluppare una viticoltura più razionale, favorite anche dall’attuazione dei programmi di incentivazione statale per una ripresa agricola, dall’applicazione della riforma agraria e dalla capacità dei viticoltori maremmani, guidati dai tecnici dell’Ispettorato Agrario e delle Associazioni preposte, che hanno creduto nella spiccata vocazione vitivinicola della provincia.
L’azione svolta dai tecnici è stata coerente ai principi di una moderna agricoltura, in quanto diretta a sostenere la viticoltura classica nelle zone che ne consentivano il rinnovamento, mediante la specializzazione e la meccanizzazione più ampia e l’introduzione di nuove cultivar nei territori collinari più facili. Sono stati perciò messi a punto gli aspetti tecnici per la produzione delle uve da vino, con l’obiettivo di conseguire un adeguato equilibrio fra rendimenti unitari e qualità. L’espansione viticola, non accompagnata dal perfezionamento della tecnica di vinificazione e quindi dal miglioramento della qualità dei vini prodotti, creava notevoli problemi di organizzazione e diffusione dei vini stessi, ma problematica era anche la difformità della tecnica di trasformazione e la disponibilità di solo modeste partite frazionate, di qualità variabile, anche se pregiate. Un contributo decisivo alla risoluzione di questi problemi è stato dato dalla realizzazione negli anni Sessanta delle Cantine Sociali dislocate nei centri di maggiore concentrazione viticola e da Cantine agricole aziendali industrializzate. È questa, per la Maremma, una circostanza importante per la nascita dell’industria enologica, che ha permesso di presentare sul mercato vini uniformi, con caratteristiche costanti, migliorati nella qualità e standardizzati nella presentazione. Sono molteplici, quindi, le motivazioni che portarono alla richiesta di riconoscimento dell’indicazione geografica (I.G.) “Maremma Toscana” Bianco e Rosso con decreto ministeriale 22 marzo 1988, sostituita successivamente, col decreto ministeriale 9 ottobre 1995, con l’indicazione geografica tipica (IGT) “Maremma Toscana”. Alla fine degli anni ’90, tuttavia, si fece più forte la consapevolezza che il territorio della Maremma grossetana poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini prodotti nella zona, rafforzata anche dalla nascita del “Distretto rurale” per l’intero territorio provinciale (L.R. 21/2004), il primo riconosciuto in Toscana. La normativa regionale definisce i distretti rurali “Sistemi produttivi locali caratterizzati da una identità storica e territoriale omogenea, derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonchè dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali”.
Il “Distretto”, nato con l’obiettivo di realizzare un “Sistema territoriale di qualità” in modo da concorrere alla crescita e allo sviluppo economico e sociale del territorio, assumendo come principi fondamentali la sostenibilità e l’innovazione, ha consentito di avviare un percorso di valorizzazione delle produzioni locali di qualità e delle biodiversità della Maremma. In questo contesto, la filiera vitivinicola rappresenta sicuramente uno dei punti di forza nel legame prodotto-territorio e la sua valorizzazione comprende diversi fattori intrinsecamente legati tra loro, che vanno dalla qualità del prodotto ai valori storici, culturali e ambientali. Il riconoscimento per questa nuova denominazione viene attribuito, dopo un lungo percorso, col decreto ministeriale del 30 settembre 2011 per i vini bianchi, rossi e rosati della «Maremma Toscana» incentrati, nelle tipologie “di base”, sulle uve dei vitigni Sangiovese, Ciliegiolo, Trebbiano toscano, Vermentino e Malvasia bianca lunga, prodotti anche nelle versioni Spumante (solo bianchi), Novello (solo rossi), Vin Santo, Passito e Vendemmia tardiva, ma presentati anche in tipologie varietali con la presenza minima dell’85% del vitigno, ed in particolare, tra i vini ottenuti da varietà tradizionali, Ansonica, Trebbiano, Vermentino, Alicante, Canaiolo, Ciliegiolo e Sangiovese, ai quali si aggiungono varietà internazionali, presenti soprattutto nei nuovi impianti, come Chardonnay, Sauvignon, Viognier, Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah. L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è riferita, in particolare, alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico-produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: - base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, e cioè, in primis, i vitigni autoctoni Sangiovese, Ciliegiolo, Canaiolo nero, Alicante, Trebbiano toscano, Ansonica, Malvasia bianca lunga e Vermentino, affiancati da varietà alloctone quali Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah, Chardonnay, Sauvignon e Viognier (e le altre, eventualmente presenti tra i vitigni complementari, come a esempio Cabernet franc, Petit verdot, Montepulciano, Pinot bianco, Pinot grigio, Grechetto, Verdello e Colorino);
- le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali della zona, e cioè il Cordone speronato, il Guyot e, in misura minore, il Capovolto, tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti; ciò sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali con un aumento della meccanizzazione, sia per garantire una razionale gestione della chioma, consentendo di ottenere un’adeguata superficie fogliare ben esposta e, al contempo, di perseguire un contenimento delle rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare, rapportate ad una densità minima di 3000 piante per ettaro, il che consente di ottenere una buona competizione fra le piante (91 hl/ha per il tipo Bianco e lo Spumante, che scende a 84 per Rosso, Rosato, Novello e per le tipologie varietali bianche Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Trebbiano, Vermentino e Viognier, mentre è di 77 hl/ha per le tipologie varietali rosse Alicante, Cabernet, Cabernet Sauvignon, Canaiolo, Ciliegiolo, Merlot, Sangiovese e Syrah; infine, 40 e 44 hl/ha rispettivamente per le tipologie Vendemmia tardiva e Passito, entrambe anche con menzione del vitigno, e 45,5 hl/ha per il Vin Santo); - le pratiche relative alla elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco e in rosso dei vini tranquilli, per la produzione del vino rosato ottenuto con la vinificazione in rosato di uve provenienti, per lo più, dalle varietà Sangiovese e Ciliegiolo, per quella del vino novello, prodotto secondo la tecnica della macerazione delle uve – per lo più della varietà Sangiovese e per l’elaborazione di vini spumanti di qualità, sia col metodo Martinotti in autoclave, sia col metodo tradizionale della rifermentazione in bottiglia, nelle versioni Bianco, Ansonica e Vermentino; nella stessa zona esistono anche varie espressioni di vini ottenuti da uve più o meno appassite, prodotti con la tradizionale tecnica del “vinsanto” utilizzando prevalentemente uve a bacca bianca (Trebbiano toscano e Malvasia bianca lunga) accuratamente scelte e fatte appassire in locali idonei, per essere successivamente vinificate, conservate ed invecchiate in tradizionali caratelli per un periodo adeguato, oppure ottenuti con una vendemmia posticipata in modo da provocare una sovramaturazione delle uve sulla pianta, più o meno accentuata (Vendemmia tardiva, nei tipi Bianco, Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Trebbiano, Vermentino e Viognier), oppure prodotti con appassimento naturale delle uve all’aria o in locali idonei, seguito da un adeguato affinamento in recipienti di legno e/o in bottiglia (Passito, nei tipi Bianco, Rosso, Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Vermentino, Cabernet, Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo e Sangiovese).
Informazioni sul prodotto:
La DOC «Maremma toscana» è riferita alle tipologie Bianco e Rosso “di base”, ai tipi Rosato e Novello, alla tipologia Spumante nelle versioni Bianco, Ansonica e Vermentino, alle tipologie varietali Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Trebbiano, Vermentino, Viognier, Alicante, Cabernet (da C. franc e/o C. Sauvignon), Cabernet Sauvignon, Canaiolo, Ciliegiolo, Merlot, Sangiovese e Syrah, alla tipologia Vin Santo ed a quelle Vendemmia tardiva – presentata nelle versioni Bianco, Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Trebbiano, Vermentino e Viognier – e Passito – presentata nelle versioni Bianco, Rosso, Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Vermentino, Cabernet, Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo e Sangiovese – le quali, dal punto di vista analitico ed organolettico, presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. In particolare, tutti i vini presentano un modesto tenore di acidità (4,5 g/l), leggermente più elevato nel tipo rosato. I vini rossi presentano un colore rosso rubino di buona intensità con riflessi violacei nei vini giovani, che sfuma al granato nei vini più maturi, comunque influenzato, nella tonalità, dalla percentuale di Sangiovese presente: il Sangiovese, infatti, rispetto ad altri vitigni come il Cabernet, il Syrah e il Merlot, conta su di una quantità di antociani totali inferiore, a vantaggio, però, di una notevole ricchezza in tannini proantocianidici e catechine. Per questo motivo, nella tipologia “di base”, è possibile riscontrare una maggiore complessità aromatica con sfumature fruttate e speziate più evidenti e, al contempo, un’attenuazione della sensazione tannica del vitigno base – soprattutto nei vini più giovani – proprio in funzione della diversa presenza di Sangiovese (minimo 40%) e di quella di altre varietà a bacca rossa (fino al 60%), il che conferisce, ai vini, un gusto più rotondo e pieno. Il vino Novello si presenta con un colore rosso rubino talora con sfumature violacee, profumo intenso di frutti rossi e viola, mentre al palato è morbido, leggermente acidulo, sapido; il vino Rosato si presenta con un colore rosato con riflessi rosso rubino, profumi delicati, con intense note fruttate, mentre al palato è fresco, leggermente acidulo, asciutto o, talvolta, abboccato. Sia il rosso che il rosato sono influenzati, nelle caratteristiche organolettiche, dalla presenza più o meno rilevante del vitigno Sangiovese (minimo 40%, nel rosato da solo o congiuntamente al Ciliegiolo). I vini bianchi “tranquilli” presentano un colore giallo paglierino più o meno intenso, un profumo fine e delicato, talvolta con note floreali e fruttate più o meno accentuate, la cui ricchezza è in funzione della percentuale di Vermentino presente (minimo 40%, da solo o congiuntamente al Trebbiano toscano) e delle altre varietà a bacca bianca eventualmente utilizzate, mentre al gusto si presentano asciutti, freschi, armonici. I vini della tipologia Spumante sono caratterizzate da una spuma e da un perlage fine e persistente, presentano un colore paglierino più o meno intenso, un odore fine, fruttato, persistente, la cui intensità e complessità è influenzata dal metodo di elaborazione utilizzato (presenza di maggiori note fruttate e floreali nel metodo Martinotti, bouquet più complesso, con sentori di crosta di pane e lievito nel metodo classico), mentre al sapore sono freschi, leggermente aciduli, con rotondità più o meno evidente in funzione della versione prodotta (da dosaggio zero, decisamente asciutta e secca, a extra-dry, morbida e vellutata). La tipologia Vin Santo si presenta con un colore dal paglierino, all’ambrato, al bruno, un profumo ricco e complesso, etereo, caldo, intenso, con evidenti note di frutta matura, di uva passa e candita, mentre al gusto denota sensazioni vellutate, più o meno rotonde in funzione della versione prodotta, da secca a dolce, con una notevole lunghezza e persistenza. I vini della tipologia Vendemmia tardiva presentano un colore da giallo paglierino intenso a giallo oro, più o meno intenso, un profumo delicato, intenso, con note di frutta matura, talvolta speziato, mentre al palato sono pieni, armonici, con una rotondità più o meno accentuata in funzione della versione prodotta, amabile o dolce. I vini della tipologia Passito, invece, hanno caratteristiche diverse se prodotti con uve bianche o rosse: i passiti bianchi hanno un colore da giallo dorato all’ambrato più o meno intenso, un profumo intenso, ricco, di frutta matura e candita, mentre al palato sono vellutati, ampi e complessi; i passiti rossi sono caratterizzati da un colore rosso rubino intenso, profumi intensi di frutta matura con note che richiamano il cioccolato, ampi, vinosi e complessi, mentre al palato sono vellutati, caldi, ricchi di corpo; in entrambi i casi, al palato denotano una rotondità più o meno accentuata in funzione della versione prodotta, asciutta o dolce.
Legame causale:
L’orografia prevalentemente collinare e pedecollinare della zona di produzione, un’area di varia estensione con caratteristiche morfologiche talvolta diverse, situata nella parte meridionale della Toscana, con una quota media intorno a 140 metri s.l.m., unitamente a una pendenza media del 5%, una esposizione prevalente a sud-est e una buona ventilazione durante tutto l’anno, concorre a determinare un ambiente areato, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione della vite. Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in modo determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche dei vini «Maremma toscana». In particolare, i terreni della provincia di Grosseto si presentano, nei vari ambienti, con notevoli differenze, dovute alla diversa natura e alle diverse origini delle rocce da cui si sono formati, ma i principali tipi di terreno agrario, provenienti da rocce autoctone e particolarmente adatti allo sviluppo delle attività viticole, possono essere ricondotti ai terreni: sabbiosi e rocciosi sciolti, poco profondi, sabbiosi e sabbioso-argillosi, che si riscontrano con notevole frequenza lungo l’intero sviluppo del retroterra maremmano e che si presentano in genere sciolti, permeabili e di modesta fertilità, con un lieve contenuto in calcare, un modesto tenore di humus, di fosforo e di potassio;
pliocenici sciolti, che si riscontrano frequentemente nelle zone collinari e pedecollinari e si presentano abbastanza sciolti, sabbiosi, calcarei e spesso frammisti a ghiaia e silice, ed al cui gruppo sono riconducibili anche i terreni sabbioso-argillosi pliocenici con tessitura prevalentemente argillosa della parte fine e buona dotazione nutritiva;
grossolani sciolti, terreni grossolani, ghiaio-sabbiosi profondi, provvisti di ciottoli calcarei e silicei, molto aridi, che si trovano prevalentemente nelle colline che contornano la piana da Follonica a Gavorrano e Ribolla;
vulcanici e mezzani, rocciosi, di natura tufacea di diversa consistenza, terreni agrari più o meno profondi sub-acidi, ricchi di scheletro, tendenzialmente aridi, dotati di buona quantità di potassio ma poveri di fosforo assimilabile, che si riscontrano soprattutto nei comuni di Pitigliano e di Sorano. Presentano una buona predisposizione alla viticoltura anche i terreni alluvionali
sciolti e mezzani calcarei, prevalenti nella valle dell’Ombrone, dell’Osa, dell’Albegna, del Fiora e del Cornia, poiché terreni profondi, freschi, mediamente fertili, piuttosto sciolti e mezzani, provvisti di calcare e poveri di fosforo. Tutti questi tipi di terreno hanno in comune un’elevata profondità utile per lo sviluppo radicale, una buona capacità di drenaggio e una buona/moderata capacità di acqua disponibile, condizioni tali da consentire un buon sviluppo vegeto-produttivo delle coltivazioni arboree, habitat naturale per gli impianti di vigneto con conseguenti produzioni altamente qualitative, in particolare se coltivati con l’ausilio di pratiche agronomiche e gestionali dei suoli corrette (quali potatura verde ed alta densità di impianto) e basse rese produttive. Il clima della zona di produzione risulta temperato (sublitorale per la maggior parte del territorio, caldo nella fascia costiera, fresco nell’area amiatina), di tipo mediterraneo, caratterizzato da temperature miti, una discreta piovosità (media intorno ai 750 mm/anno), con scarse piogge estive (intorno agli 80-100 mm) e un’aridità piuttosto prolungata nella primavera e accentuata nei mesi estivi – tanto da far riscontrare lievi stress idrici nelle fasi che precedono la maturazione dell’uva –, da ottimi valori dell’indice bioclimatico di Huglin (tra 2100 e 2500°C-giorno), da una buona temperatura media annuale (tra i 12 e i 16°C a seconda delle aree, con una media intorno a 14,5°C), unita ad una ventilazione sempre presente anche nel periodo primaverile-estivo grazie alle brezze di Maestrale che soffiano nelle ore più calde della giornata, contribuendo a regolare le temperature ed a creare un ambiente sfavorevole alle malattie parassitarie. Il clima sopra descritto, unito ad una temperatura piuttosto elevata, con ottima insolazione, nei mesi di settembre-ottobre e buone escursioni termiche tra giorno e notte, consente alla vite di ottenere un giusto equilibrio vegetativo, permettendo una lenta, graduale e ottimale maturazione fisiologica delle uve, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche dei vini «Maremma toscana». La millenaria storia vitivinicola riferita al territorio della Maremma grossetana, dall’epoca etrusca a quella romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, citazioni e testimonianze storiche, è la prova fondamentale della stretta connessione e interazione tra i fattori umani e la qualità e le caratteristiche peculiari dei vini «Maremma toscana». È la testimonianza, perciò, di come l’intervento dell’uomo in questo particolare territorio abbia tramandato, nel corso dei secoli, le tecniche tradizionali di coltivazione della vite ma anche le rituali prassi enologiche, le quali, tuttavia, in epoca moderna, sono state migliorate e affinate, grazie all’indiscutibile progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i vini «Maremma toscana», le cui caratteristiche peculiari sono specificamente descritte all’articolo 6 del disciplinare di produzione. Parlare di presupposti viticoli etruschi in questa zona appare ovvio, tali e tante sono le testimonianze (il vasellame reperito in molte delle aree archeologiche presenti sul territorio, i palmenti disseminati sul suolo maremmano e dell’isola del Giglio ne sono una prova), che continuano in epoca romana fino al medioevo, nel corso del quale la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura e di stabilirne la protezione con apposite norme statutarie; particolare importanza ebbe, in questo periodo, la famiglia degli Aldobrandeschi, di origine certa longobarda che impostò la propria contea attorno al Castello di Santa Fiora e dominò queste contrade fino al 1439, quando la Contea passò agli Sforza. E furono molti gli studiosi, di epoche successive, che riconobbero i pregi delle uve di questo territorio e l’eccellenza dei vini prodotti. Alla fine del 1500, Bacci così descriverà queste campagne “…situate nel cuore dell’Etruria, godono di molti pregi, sono esposte da una parte al vento che spira da settentrione dalle falde del monte Amiata e dall’altra, estendendosi verso mezzogiorno, godono anche di quello australe che dona loro calore…”.Quale migliore incipit per identificare un territorio viticolo; e infatti, la zona era ricca “…di ottimi vini, soprattutto rossi, sinceri, e chiarificati con null’altro che la semplice fermentazione dei tini”.Ve ne erano anche di bianchi, mescolati con dolci moscatelli,com’era di moda all’epoca. Tre secoli più tardi, il dott. Villafranchi-Giorgini (1847) cita un tronco di vite di dimensioni eccezionali proveniente da Valle Castagneta, mentre l’enotecnico Luigi Vivarelli parla diffusamente di sistemi di allevamento della vite, affermando che, in Maremma, è già ampiamente diffusa la vigna specializzata allevata a cordone speronato. Tra le testimonianze più significative ed esaurienti, quelle del dott. Alfonso Ademollo, riconducibili a una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini (1884), si soffermano lungamente sulla vocazione viticola della Maremma; nella stessa relazione, che fotografa perfettamente la situazione della viticoltura maremmana alla fine del 1800, egli afferma che le varietà coltivate sono numerose, alcune “internazionali” perfettamente adattate al territorio, il quale viene ritenuto altamente vocato alla coltura della vite (per cinque sesti della superficie), mancando periodi di caldo o di freddo eccessivi e grazie anche ai terreni leggeri e permeabili, dovuti a sabbie, rocce decomposte, detriti vulcanici e ciottolame. Inoltre, relativamente ai pregi e difetti del vino prodotto sul territorio maremmano, egli si esprime in modo molto positivo, tanto da affermare che il vino è prodotto in ogni parte della provincia, sia in aree pianeggianti che montuose. In tutti questi secoli, lo sviluppo dell’agricoltura maremmana è sempre stato accompagnato da un’affermazione della viticoltura e, di pari passo, da una forte valenza della tradizione vinicola, spesso perpetrata dai monaci benedettini nei periodi più bui del basso medioevo, e oggi ancora riscontrabile percorrendo il territorio, dove non di rado è possibile trovare vecchie cantine presenti nelle vie dei paesi o, addirittura, scavate nel tufo probabilmente già al tempo degli etruschi, ma anche partecipando a una delle tante Sagre o Feste dedicate alla Vendemmia o al Vino (quelle di Scansano e di Cinigiano vantano una storia di quasi mezzo secolo). All’inizio del XX° secolo, la viticoltura in provincia di Grosseto, come in altre aree del Paese, conobbe un periodo di crisi, con una polverizzazione delle proprietà diretto coltivatrici e diffuse forme di conduzione mezzadrile, sfavorevoli alla espansione della specializzazione viticola, senza però portare a modifiche sostanziali della superficie vitata, ma, con i decenni successivi, si moltiplicarono le iniziative di molti proprietari intese a sviluppare una viticoltura più moderna e razionale, anche con l’innesto di nuove cultivar, aiutate dai tecnici e dalle associazioni. Con il trascorrere degli anni, la nascita delle prime cantine cooperative e il contributo proveniente dall’attività di sperimentazione e di studio condotta sul territorio dalle istituzioni pubbliche (provincia di Grosseto, Università degli Studi di Firenze e di Pisa) e da parte delle aziende private, si crearono così i presupposti per richiedere il riconoscimento dell’indicazione geografica (I.G.) “Maremma Toscana” Bianco e Rosso con decreto ministeriale 22 marzo 1988, sostituita successivamente, col decreto ministeriale 9 ottobre 1995, con l’indicazione geografica tipica (IGT) “Maremma Toscana”. Alla fine degli anni ’90, tuttavia, si fece più forte la consapevolezza che il territorio della Maremma grossetana poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini prodotti nella zona, rafforzata anche dalla nascita, nel 2004, del Distretto Rurale, che comprende l’intero territorio amministrativo provinciale, nato con l’obiettivo di realizzare un “Sistema territoriale di qualità” in modo da concorrere alla crescita e allo sviluppo economico e sociale del territorio, che ha consentito di avviare un percorso di valorizzazione delle produzioni locali di qualità e delle biodiversità della Maremma, in primis di quelle inerenti la filiera vitivinicola. Dopo un lungo percorso, il riconoscimento della DOC avvenuto nel corso del 2011 ha l’intento di valorizzare i vini ottenuti su questa area, in modo da evidenziarne le peculiarità e le ottime caratteristiche qualitative.
Vitigni principali
Quadro di riferimento giuridico: Nella legislazione nazionale
Tipo di condizione supplementare: Disposizioni supplementari in materia di etichettatura
Descrizione della condizione:
«Maremma toscana» bianco, «Maremma toscana» spumante, «Maremma toscana» passito bianco e «Maremma toscana» Vendemmia tardiva: Trebbiano Toscano e Vermentino, da soli o congiuntamente, minimo il 40%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 60%, le uve a bacca bianca provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco.
«Maremma toscana» Vin Santo: Trebbiano toscano e Malvasia: da soli o congiuntamente, fino al 100%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 60%, le uve a bacca bianca provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» rosso, «Maremma toscana» passito rosso e «Maremma
toscana» novello: Sangiovese, minimo il 40%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 60%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» rosato: Sangiovese e Ciliegiolo, da soli o congiuntamente, minimo il 40%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 60%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Ansonica, «Maremma toscana» Ansonica spumante: Ansonica: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco.
«Maremma toscana» Chardonnay: Chardonnay: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco.
«Maremma toscana» Sauvignon: Sauvignon: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco.
«Maremma toscana» Trebbiano: Trebbiano toscano: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco. «Maremma toscana» Vermentino,
«Maremma toscana» Vermentino spumante: Vermentino: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco.
«Maremma toscana» Viognier: Viognier: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nella Regione Toscana, fino a un massimo del 15%, con l’esclusione del Moscato bianco.
«Maremma toscana» Alicante: Alicante: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Cabernet: Cabernet Sauvignon e/o Cabernet franc: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Cabernet Sauvignon: Cabernet Sauvignon: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Canaiolo: Canaiolo nero: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Ciliegiolo: Ciliegiolo: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Merlot: Merlot: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Sangiovese: Sangiovese: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Syrah: Syrah: minimo 85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detto vino, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» passito con la specificazione di un vitigno devono essere ottenuti, per almeno l’85%, dalle uve provenienti in ambito aziendale da una delle seguenti varietà: Ansonica, Vermentino, Chardonnay, Sauvignon, Ciliegiolo, Cabernet (da Cabernet franc e/o Cabernet Sauvignon), Cabernet Sauvignon e Sangiovese. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
«Maremma toscana» Vendemmia tardiva con la specificazione di un vitigno di cui all’articolo 1 del disciplinare di produzione, devono essere ottenuti, per almeno l’85%, dalle uve provenienti in ambito aziendale da una delle seguenti varietà: Ansonica, Chardonnay, Sauvignon, Trebbiano, Vermentino e Viognier. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve provenienti da altri vitigni, a bacca di colore analogo, idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana.
Nome e titolo del richiedente: Confederazione Italiana Agricoltori di Grosseto
Status giuridico, dimensioni e composizione (per le persone giuridiche): ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE DI CATEGORIA
Nazionalità: Italia
Indirizzo: 130 MONTE ROSA
58100 Grosseto
Italia
Telefono: 0039 – 0564.462257
Fax: 0039 – 0564.462111
e-mail: grosseto@cia.legalmail.it