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Oltrepò Pavese metodo classico Docg

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I vini Docg Oltrepò Pavese metodo classico devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti, aventi nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
"Oltrepò Pavese" metodo classico e "Oltrepò Pavese" metodo classico rosé: Pinot nero: minimo 70%; Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 30%.
"Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero e "Oltrepò Pavese" metodo classico Pinot nero rosé:
Pinot nero: minimo 85%; Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 15%.

La zona di produzione delle uve destinate all'elaborazione del vino "Oltrepò Pavese" metodo classico comprende la fascia vitivinicola collinare dell'Oltrepò Pavese per gli interi territori di alcuni comuni in provincia di Pavia

Legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica.
1) Fattori naturali rilevanti per il legame.
L’area dell’Oltrepò Pavese Metodo Classico si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.
L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.

Analisi pedo-paesaggistica
L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.
I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria). Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.
Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo. I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il passaggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi. Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare marnoso. Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.
Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:
• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore.
• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies. È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.
Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.
• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.
Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani, in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza viticola.
• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcarimarnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze modeste. La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli. Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino
attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.
• Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

La radiazione solare
La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto.
L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite. Mediamente l’area orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.

La temperatura dell’aria
Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli
delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.
Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C), così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i –8 e i – 13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C) sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).

Le precipitazioni
La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).
La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da ovest verso est che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi nell’alessandrino (556 mm/anno).


2) Fattori umani rilevanti per il legame.
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine Oltrepò Pavese Metodo
Classico.
Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.
Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zone con il termine “eccellentissimi”.
L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. È sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.
Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, ciò nonostante il panorama vinicolo oltrepadano è ancora molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte.
Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese Spumante, vinificato con Metodo Classico, è stato riconosciuto come tipologia della DOC Oltrepò Pavese con DPR del 6 agosto e nel 2007 è stato elevato a DOCG autonoma.
L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:
• la base ampelografia dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione dei vini in questione sono fra quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: Pinot nero e Chardonnay;
• le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura, anche per i nuovi impianti: sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare; 
• le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco e in rosato di vini spumanti con il tradizionale metodo della rifermentazione in bottiglia.


B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.
La DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico è riferita a diverse tipologie di vino (Metodo Classico bianco e rosé e Metodo Classico con indicazione varietale Pinot nero bianco e rosé). Dal punto di vista analitico ed organolettico ciascuna tipologia presenta caratteristiche molto evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
I vini a DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico sono mediamente di colore paglierino cristallino e, nella tipologia rosé, di colore rosato più o meno intenso; il bouquet è quello proprio della fermentazione in bottiglia, gentile, ampio e persistente; in bocca risultano sapidi, di buona struttura, freschi e armonici; la spuma è fine e persistente.


C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).
Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza, dell’ERSAF e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.
Le differenti vocazionalità territoriali prevedono l’individuazione di aree particolarmente adatte alla produzione di uve per la produzione di base spumante bianca o rosé. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici.


Le aree più indicate per la base Metodo Classico sono le seguenti:
UNITÀ TERRITORIALE I
La zona è contraddistinta da buoni valori di radiazione fotosinteticamente attiva (PAR: media 2300 MJ/m2 *anno). L’area si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna e, data l’ampiezza, è caratterizzata da altitudini variabili tra i 150 m e i 550 m delle aree più estreme;
presenta una classe di piovosità elevata (> 850 mm). La temperatura media annua è di 11°C e risulta essere più fresca della prima fascia collinare di circa 1-2°C; la media estiva è di 22°C con oscillazioni di circa 2°C tra le aree più elevate e i versanti meglio esposti. Durante il periodo vegetativo della pianta l’unità si contraddistingue per le elevate escursioni termiche giornaliere. Le temperature medie invernali possono scendere sotto lo zero termico. L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso est/nord (70%) e sud (30%) e con pendenze medie del 20%.
Paesaggio: area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia, Rovescala e Santa Maria della Versa. Il paesaggio è costituito prevalentemente da dorsali ampiamente arrotondate, intervallate da tratti subpianeggianti. I versanti sono ampi e di forma variabile, anche molto ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate.
Geologia: il substrato è soffice e in maggior parte di natura argillosa (argille-marnose) con valori variabili e crescenti di calcare (marne).
Suoli: il suolo è facilmente lavorabile con la possibilità diffusa nei versanti più scoscesi di fenomeni erosivi. I suoli si presentano di tessitura fine (argillo-limoso), prevalentemente profondi, molto calcarei, con capacità di drenaggio mediocre e scheletro scarso. Il pH è alcalino.
Vocazionalità: area adatta in particolare alla produzione di vini spumante di elevato pregio, prodotti con uve caratterizzate da un ottimo rapporto tra tenore zuccherino e livello acidico. Caratteristiche del vino: il profilo si presenta ampio e complesso. I vini sono caratterizzati da note floreali superiori alla media, accompagnate da sentori di frutta matura (mela, ananas). In ugual misura si percepiscono fragranze di vegetale secco con richiami di fieno e paglia. Mediamente percepite sono le note erbacee e speziate, in particolar modo di pepe. Il vino risulta mediamente minerale con un buona struttura e persistenza alla degustazione. Particolarmente acido e con una discreta percezione dell’amaro.


UNITÀ TERRITORIALE II
Le aree presentano caratteristiche ambientali, paesaggistiche, geologiche e pedologiche simili all’Unità I con la differenza che la zona delimitata è caratterizzata da maggiori valori di radiazione
fotosinteticamente attiva (PAR: media 2500 MJ/m2*anno) e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare intermedia. L’area interessa prevalentemente i comuni di Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria, Montalto Pavese e Borgo Priolo. Nella fascia collinare più interna si localizzano alcune aree di particolare vocazione: Caseo, località Bellaria, località Valorsa e Canavera. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 m e i 350 m con aree a ottima esposizione e ottimo microclima anche ad altitudini superiori (350 – 450 m). Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali.
L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.
Vocazionalità: area con ottime potenzialità per la produzione di uve da spumante di elevato pregio.
Alcune aree circoscritte si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico anche se con un minor potenziale varietale per struttura e colore rispetto a zone poste ad altitudini inferiori.
Caratteristiche del vino: vino equilibrato frutto di una buona maturazione delle uve dove i sentori floreali, fruttati e di vegetale risultano prevalere sulle note erbacee e speziate. In bocca il vino si distingue per possedere una discreta sapidità e freschezza e buona struttura.


UNITÀ TERRITORIALE III
L’unità interessa esclusivamente la prima fascia collinare con altitudini comprese tra 150 m e 250 m; è caratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi (PAR media 2250 MJ/m2 *anno) e da tenori pluviometrici compresi tra 750 e 860 mm/anno. Le temperature medie
annue sono molto differenti tra la pedecollina e le sommità. Il clima è condizionato dall’elevata inerzia termica del bacino padano che, con effetto tampone, mantiene nel corso di tutto l’anno temperature costanti. L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che favorisce l’abbassamento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e la diminuzione dell’acqua nel suolo.
L’inverno è mite e induce una certa precocità nella ripresa vegetativa mentre le estati sono molto calde. Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi è una esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importanti e possono assumere anche valore prossimi al 35%.
Paesaggio: l’area si estende nella prima fascia collinare tra Casteggio e Stradella ed è costituita da valli e vallecole che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana; è caratterizzata da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi relativamente soffici che risultano in buona parte lavorabili. La maggior parte dell’area è adibita alla coltivazione a vigneto.
Geologia: il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose. Nell’area del Monte San Contardo e Santa Giuletta/Mornico Losana si riscontra un substrato di arenarie alternate a sabbie e limi.
Suoli: il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro e moderatamente profondo. Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è molto calcarea con pH alcalino e drenaggio buono.
Vocazionalità: la precocità dalle zona esalta la maturazione della bacca e dei vinaccioli, fornendo basi spumanti non particolarmente fresche ma con elevato corpo e sapidità.
Caratteristiche del vino: le note floreali (fiori bianchi, acacia, zagara) lasciano maggior spazio a sentori di frutta matura (mela, ananas) e vegetale secco (fieno). I vini sono caratterizzati da limitate note speziate ed erbacee.


UNITÀ TERRITORIALE IV
La zona è contraddistinta da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medio-bassi (PAR: tra 1800 e 2200 MJ/m2*anno); l’area si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna con altitudini elevate comprese tra i 300 m e i 550 m. Nell’area orientale si risconta una classe di piovosità superiore (> 850 mm), mentre ad ovest si risconta una minore piovosità annua (740 mm).
Il territorio è caratterizzato da una esposizione dei versanti prevalentemente verso sud/ovest (specialmente nei versanti maggiormente vitati) con pendenze medie comprese tra il 10 e il 30%.
L’ambiente si presenta caratterizzato da elevati sbalzi termici specialmente nei periodi estivi. In media le temperature risultano essere inferiori di circa 3°C rispetto le zone più basse con inverni freddi e con estati mediamente calde. L’area si contraddistingue per essere caratterizzata da versanti verso sud ben illuminati e freschi.
Paesaggio: l’unità si sviluppa nell’area sud occidentale dell’Oltrepò tra i comuni di Rocca Susella, Fortunago fino a Rocca de’ Giorgi. Il territorio è caratterizzato da ampie dorsali arrotondate con versanti di forma variabile, anche molto ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate. L’area è facilmente aggredibile dalle lavorazioni e nei versanti più scoscesi sono diffusi fenomeni di erosione. Il paesaggio agrario è caratterizzato dall’alternanza di vigneti, di prati e di aree boschive.
Geologia: il substrato è caratterizzato dalla successione di marne ed arenarie poco coese. Alcuni punti si caratterizzano per una natura argillo-calcarea.
Suoli: i suoli si presentano con profondità media, scheletro scarso e tessitura media. Il calcare risulta elevato. La capacità di drenaggio è generalmente buona mentre nelle zone orientali risulta mediocre.
Vocazionalità: zona collinare caratterizzata da elevate escursioni termiche e clima temperato particolarmente adatta alla produzione di Pinot nero destinato alla spumantizzazione specialmente se vinificato in rosato.
Caratteristiche del vino: l’unità è destinata alla produzione di uve caratterizzate da un ampio profilo aromatico e da un’ottima dotazione acidica. Le elevate escursioni termiche della zona determinano un vino particolarmente fresco, la cui caratteristica è esaltata nel profilo aromatico dalle spiccate note floreali e al palato da una gradevole nota acidula e buona struttura.
Il vitigno Pinot nero è grande e incontrastato protagonista della produzione di vino in Oltrepò Pavese. Taluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti sulle
colline oltrepadane dal tempo dei romani; attendibili i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risalgono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato. Nella seconda metà del XIX secolo il Pinot nero, così come lo conosciamo oggi, approda in Oltrepò Pavese e di seguito viene sperimentato in tutta la penisola e in Sicilia; la maggior parte degli addetti ai lavori valuta la produzione come uva da taglio e sorpresa dalla maturazione precoce, nonché dai danni provocati da uccelli e altri animali, abbandona il progetto. Solo in Oltrepò Pavese il vitigno trova il
suo habitat ottimale, grazie anche al lavoro intrapreso dall'allora ministro Agostino Depretis.
Quest'ultimo è colui che per primo intuisce la potenzialità del Pinot nero impiantato in alta collina e promuove la sua introduzione in Oltrepò Pavese. Tale operazione incuriosisce gli spumantisti piemontesi, che iniziano a vedere in quella terra un ricco e importante serbatoio per le loro aziende.
I primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che pochi anni dopo, unitamente all’imprenditore piemontese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano. Ad emularlo, alla fine degli anni settanta, è l’Ing. Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo originario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qualitativi, sia commerciali. Due sono le  tipologie di spumante proposte dall’azienda: uno secco, l’altro semi-secco. Domenico Mazza arriva persino a progettare e a produrre una bottiglia particolare per lo spumante, in grado di resistere alle alte pressioni. Significativo il riconoscimento, 1° posto, ricevuto all’Esposizione Nazionale di Milano del 1894; merita una segnalazione anche l’evento riportato nel 1886, dal Giornale Vinicolo Italiano, relativo al varo della nave “Vesuvio” avvenuto in quel di Napoli, ad opera del Principe Luigi di Savoia, con una bottiglia di Champagne Montelio.
Nel 1907 nasce a Casteggio la SVIC (Società Vinicola Italiana di Casteggio) e a dirigerla viene chiamato Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantistica moderna, che come motto per il lancio commerciale dello spumante fa sua l’affermazione biblica: “cos’è la vita se non spumeggia il vino?”. Due anni dopo viene affiancato da Angelo Ballabio e, successivamente, altri due personaggi emergenti si aggregano a loro: Mario Odero e Raffaello Sernagiotto i quali operano molto bene. Il loro prodotto varca l’oceano: nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran Spumante SVIC” è collocato, in maniera ben visibile, accanto alla statua della libertà di New York per la commozione e la gioia degli emigranti oltrepadani che cercano fortuna nel nuovo mondo. Con l’avvento della prima guerra mondiale (1915-18) la SVIC chiude i battenti e i quattro giovani imprenditori si dividono; solo due di loro, alla fine delle ostilità, procedono nel mondo della spumantistica: Angelo Ballabio a Casteggio e Pietro Riccadonna nel vicino Piemonte. La fama dello spumante secco metodo champenois dell’Az. Agr. Ballabio varca in breve tempo i confini nazionali e dal 1931 può fregiarsi in etichetta del contrassegno di fornitore della Real Casa con l’autorizzazione ad apporre le insegne ducali concessegli da Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. Angelo passa il testimone al figlio Giovanni, che sino alla morte (1975) resta per il territorio il Signore della spumantistica oltrepadana. Nel frattempo emergono altre realtà nel mondo locale delle bollicine: negli anni trenta dello scorso secolo è la Cantina Sociale La Versa a dare il via alla produzione di spumante, ma soprattutto pone le basi per una corretta e professionale spumantizzazione con rifermentazione in bottiglia; fa seguito nel 1958 l’Az. Agr. Malpaga di Canneto Pavese.
Con l’avvento, nel 1970, della DOC Oltrepò Pavese e con la presidenza della Cantina La Versa affidata al Duca Antonio Denari, inizia una nuova era per la spumantistica locale e la Cantina Sociale di S. Maria ne diventa la locomotiva trainante.
Nel 1971 nasce dal Consorzio Vini Tipici il Consorzio Volontario dei Vini DOC Oltrepò Pavese, a presiederlo è il medesimo Duca Denari che, successivamente, viene eletto anche a capo dell’Istituto dello Spumante Classico Italiano; il suo carisma lo porta ad essere tra i primattori del settore e il Pinot nero made in Oltrepò diventa una grande realtà per l’intera spumantistica nazionale.
La tradizione è continuata fino ad oggi con il riconoscimento, nazionale e internazionale, dell’Oltrepò Pavese quale territorio d’eccellenza per la produzione di spumante metodo classico da uve di Pino nero. Questo vitigno è passato dai circa 600 ettari coltivati intono agli anni ’60 ai circa 2.800 nel 2010 (in Italia si stima attualmente una superficie totale a Pinot nero di poco inferiore ai 4.000 ettari). È presente un po’ in tutto l’Oltrepò anche se è soprattutto coltivato in Valle Versa, Valle Scuropasso e a Montalto Pavese. La produzione annua di Vini spumanti in Oltrepò è pari a 12 milioni di bottiglie annue, di cui 1,5 milioni riservate alla tipologia Spumante Metodo Classico.
Inoltre, considerata l'importanza produttiva del vino ottenuto secondo il metodo tradizionale della
fermentazione in bottiglia, una buona parte dei produttori ha dato vita nel 1984 alla associazione “Produttori del Classese”, che raggruppa le aziende che aderiscono ad ulteriori controlli sulla lavorazione e sulle qualità organolettiche delle produzioni.
Di seguito si riporta una descrizione della vitivinicoltura dall’800 ai primi del ‘900, ricavata dal testo di Fabrizio Bernini “Che cos’è la vita se non spumeggia il vino – storia della vitivinicoltura in Oltrepo Pavese”, edito nel 2001 da Ponzio Olona servizi grafici.


Capitolo XVIII - “La Cooperazione salva la nostra vitivinicoltura” 
Dopo l’invasione della fillossera, l’estirpazione dei vigneti poco resistenti e la conseguente selezione per un reimpianto di viti più forti e produttive, avvierà il lento processo di trasformazione della vitivinicoltura mista, sino allora prevalente, in quella specializzata, incentivata dall’affermarsi dalle grandi case commerciali vinicole che già dall’inizio del ‘900 domineranno gran parte del commercio dei vini.
La prima forma organizzata di cooperazione si ha nel 1902 con la fondazione, per iniziativa del dott. Francesco Mazza di Voghera di una cooperazione che prese il nome di “Società Vinicola Stradellina”.
Fu l’inizio di quella proficua cooperazione tra i produttori che prenderà forza sotto la guida di Montemartini negli anni immediatamente seguenti con la costituzione delle cantine sociali, che ancora oggi rappresentano una realtà fondamentale per il vino dell’Oltrepò.
A presiedere la cooperativa di Stradella fu chiamato Siro Riccadonna, enologo di fama, e con lui Angelo Ballabio, fondatore di una delle più prestigiose entità produttive oltrepadane. Da allora ai nostri giorni la famiglia Ballabio rimane una pietra miliare per la tradizione oltrepadana soprattutto per la produzione dei sui eccellenti vini Metodo Classico.
La prima vera cantina sociale si costituì però a Montù Beccarla nel 1902, a cui seguirono quella di
Broni sempre nel 1902, S. Maria della Versa nel 1905, S. Damiano al Colle e Canneto nel 1906,
Casteggio e Torrazza Coste nel 1907.
In questa cornice si colloca la fondazione a Casteggio, sempre nel 1907, della “Società Vinicola di
Casteggio”, meglio nota come “Svic”, affidata fin dai suoi esordi all’enologo Pietro Riccadonna
(che dal 1909 troverà un valido collaboratore in Angelo Ballabio) che rimane famoso perché fu uno dei padri della moderna spumantizzazione e dal cui lavoro nacquero i primi spumanti metodo
classico, che ottennero prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale già dai primi anni del ‘900! Sua è la famosa frase, che dà il titolo del testo da cui è tratta questa parte della relazione:
“che cos’è la vita se non spumeggia il vino?”.
Per la produzione di spumante metodo classico la “Svic” dalla Francia chiamò consulenti di fama e
nel 1912 nasceva il “Gran Spumante Svic”, orgoglio di tutto l’Oltrtepò, portabandiera nel mondo dell’ingegno e della capacità professionale del nostro settore enologico.
“Basti pensare che i passeggeri delle grandi navi che dall’europa giungevano nel porto di New York, accanto alla statua della Libertà, erano inevitabilmente attratti dalla vistosa pubblicità del rinomato prodotto casteggiano, gioia degli americani sino al primo dopoguerra.”
L’importanza storica dello spumante prodotto in Oltrepò è testimoniata dal fascino che subì l’austero Emanuele Filiberto duca d’Aosta (cugino del re Vittorio Emanuele II, e assurto a rango di
eroe nazionale quale comandante della Terza Armata schierata sul fronte carsico) che ebbe modo di apprezzare lo spumante secco prodotto dai Ballabio e che volle elargire alla ditta “uno speciale
contrassegno della sua benevolenza accordandogli la qualifica prestigiosa di “Provveditore della Real Casa” e autorizzandolo a fregiarsi delle insegne ducali.
Di seguito si riporta invece un brano tratto dalla relazione del Prof. M. Fregoni – cattedra di Viticoltura dell’Università Cattolica di Piacenza - scritto per il convegno sul Pinot nero tenutosi a Broni nel febbraio 1992:
“I Pinots, con foglie spesso quasi rotonde e facilità di subire mutazioni, sono simili alle viti poco addomesticate sulle quali probabilmente poggiava la viticoltura agli albori della sua storia. Catone
il Censore (nel secondo secolo a.C) parla di Helveolum vinum e Lucio Giunio Moderato Columella, in quella che può ritenersi una delle più importanti rassegne ampelografiche dell’era romana (De Re Rustica, primo sec. d.C.), descrive le varietà Helveolae caratterizzate da acini con colori Isabella-chiaro (Pinot grigio) e da frequente disomogeneità della colorazione delle bacche, buona fertilità espressa anche in terreni magri; questi caratteri inducono ad ascrivere a queste antiche varietà la probabile progenitura degli attuali “Pinots”. I primi Pinots furono introdotti probabilmente in Francia dai romani. Le prime citazioni che riguardano i Pinot (Pynos, Pinoz sono
contenute in un documento del 1394 (VIALA et al. 1901). Interessanti sono a riguardo alcuni riferimenti (tra il 1500 e il 1800) a vitigni dalle caratteristiche probabilmente simili ai Pinots coltivati sulle colline piacentine e pavesi… 
Oggi – concludeva il prof. Fregoni – l’Oltrepò Pavese è una delle più importanti zone vitivinicole europee e mondiali per la produzione di spumanti di qualità ed è il più grande “serbatoio” italiano di Pinot nero”.
La presenza della tipologia Spumante Metodo Classico, all’interno della DOC Oltrepò Pavese, risale alla nascita della DOC stessa avvenuta nel 1970. Nell’anno 2007 essa è stata svincolata dalla DOC, con D.M. 27 luglio 2007, per elevarsi alla categoria DOCG grazie all’impegno profuso dal Presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, Vittorio Ruffinazzi, permettendo di nobilitare ulteriormente questa regione viticola.
La nascita di una Denominazione di Origine Controllata e Garantita per lo spumante metodo classico è legata alla storia, alla qualità e alla commercializzazione del Pinot nero, di cui l’Oltrepò Pavese è indiscusso territorio leader di produzione. L’Oltrepò Pavese è infatti il primo produttore italiano della pregiata varietà di Pinot nero per la produzione di spumanti di qualità da ormai 100 anni.

VITIGNI

Chardonnay (MAIN)
* PINOT NERO N. (MAIN)
* PINOT GRIGIO G. (MAIN)
* PINOT BIANCO B. (MAIN)

 

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