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Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop - Disciplinare di produzione

Pubblicato da disciplinare
Pomodorino del Piennolo del Vesuvio

La DOP Pomodorino del Piennolo del Vesuvio designa il frutto degli ecotipi di pomodorini della specie Lycopersicon esculentum Mill. originariamente derivanti dalle seguenti denominazioni popolari «Fiaschella», «Lampadina», «Patanara», «Principe Borghese» e «Re Umberto» tradizionalmente coltivati sulle pendici del Vesuvio.

«POMODORINO DEL PIENNOLO DEL VESUVIO»

n. UE: IT-PDO-02146 – 24.6.2016

DOP ( X ) IGP ( )

1.   Denominazione

«Pomodorino del Piennolo del Vesuvio»

2.   Stato membro o paese terzo

Italia

3.   Descrizione del prodotto agricolo o alimentare

3.1.   Tipo di prodotto

Classe 1.6. ortofrutticoli e cereali freschi e trasformati

3.2.   Descrizione del prodotto a cui si applica la denominazione di cui al punto 1

La Denominazione d’Origine protetta (DOP) Pomodorino del Piennolo del Vesuvio designa il frutto degli ecotipi di pomodorini della specie Lycopersicon esculentum Mill. originariamente derivanti dalle seguenti denominazioni popolari «Fiaschella», «Lampadina», «Patanara», «Principe Borghese» e «Re Umberto» tradizionalmente coltivati sulle pendici del Vesuvio, di forma ovale o leggermente pruniforme con apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare, buccia spessa. E’ escluso l’impiego di ibridi. I frutti ammessi a tutela devono avere le seguenti caratteristiche: allo stato fresco: pezzatura peso non superiore a 30 g; Parametri di forma: rapporto fra i diametri maggiore e minore compreso fra 1,2 e 1,3; colore esterno: vermiglio; colore della polpa: rosso; consistenza: elevata; sapore: vivace, intenso e dolce-acidulo; residuo ottico min. 6,5° Brix; tenace attaccatura al peduncolo. Allo stato conservato al piennolo: colore esterno: rosso scuro; colore della polpa: rosso; consistenza: buona; sapore: vivace ed intenso; turgore: ridotto a fine conservazione.

3.3.   Mangimi (solo per i prodotti di origine animale) e materie prime (solo per i prodotti trasformati)

3.4.   Fasi specifiche della produzione che devono avere luogo nella zona geografica delimitata

Le operazioni di produzione e conservazione devono avvenire nell’ambito della zona di produzione, per la conservazione dei pomodorini «al piennolo» devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:

I grappoli o «schiocche», una volta raccolti, vengono sistemati su un filo di fibra vegetale, legato a cerchio, così da comporre un unico grande grappolo, o «piennolo», del peso, a termine conservazione, compreso fra kg 1 e 5. I piennoli, così ottenuti, vanno tenuti sospesi da terra mediante ganci o su idonei supporti, in luogo asciutto e ventilato.

Durante le fasi di conservazione, sia per il prodotto al piennolo che per quello in imballaggi, non deve essere effettuato alcun trattamento chimico. Possono essere usati unicamente sistemi fisici per la miglior protezione del prodotto e che non siano in grado di alterarne le caratteristiche, quali: retine contro gli insetti ed apparecchi ad ultrasuoni.

La conservabilità dei piennoli non ha una durata definita ed è ancorata al permanere delle buone caratteristiche di aspetto ed organolettiche del prodotto.

3.5.   Norme specifiche in materia di affettatura, grattugiatura, confezionamento, ecc. del prodotto cui si riferisce la denominazione registrata

L’operazione di confezionamento dei pomodorini, nella loro forma commercializzata fresca o conservata, deve avvenire nelle aziende di produzione o nelle immediate vicinanze, all’interno dell’area di produzione, allo scopo di:

limitare ogni manipolazione nei momenti in cui la bacca è nelle migliori condizioni di resistenza;

impedire trasporti, per maggiori tratti, di prodotto non confezionato ed in quanto tale non adeguatamente protetto, quindi esposto a rischi di stress meccanici e di maltrattamenti;

favorire la garanzia della tracciabilità.

3.6.   Norme specifiche in materia di etichettatura del prodotto cui si riferisce la denominazione registrata

L’immissione al consumo del «Pomodorino del Piennolo del Vesuvio» deve avvenire:

allo stato fresco, il prodotto deve essere posto in vendita allo stato di bacche o di grappoli, posti alla rinfusa in idonei contenitori sigillati, con capienza fino ad un massimo di 10 kg,

conservato «al piennolo»; i piennoli devono avere un peso massimo di 5 kg ed essere posti in vendita o singolarmente con il logo identificativo della D.O.P. o in idonei contenitori sigillati,

conservato, allo stato di bacche o di grappoli, posti alla rinfusa in idonei contenitori sigillati, con capienza fino ad un massimo di 10 kg.

Sulle etichette devono essere riportate le seguenti indicazioni: «Pomodorino del Piennolo del Vesuvio» e Denominazione d’Origine Protetta con dimensioni maggiori di qualsiasi altra dicitura o elemento riportato; il logo dell’Unione; il nome, la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda confezionatrice o produttrice; la quantità di prodotto effettivamente contenuta nella confezione; il logo è costituito da una silouhette del «Pomodorino del Piennolo del Vesuvio» comprensiva di peduncolo il cui prolungamento richiama il profilo del Vesuvio; le specifiche del logo ed i relativi indici colorimetrici sono dettagliatamente descritti nel disciplinare di produzione.

Pomodorino del Piennolo del Vesuvio

4.   Delimitazione concisa della zona geografica

La zona di produzione e confezionamento della DOP «Pomodorino del Piennolo del Vesuvio» comprende i territori dei seguenti Comuni della provincia di Napoli: Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa Di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase, e la parte del territorio del comune di Nola delimitata perimetralmente: dalla strada provinciale Piazzola di Nola — Rione Trieste (per il tratto che va sotto il nome di «Costantinopoli»), dal «Lagno Rosario», dal limite del comune di Ottaviano e dal limite del comune di Somma Vesuviana.

5.   Legame con la zona geografica

La peculiarità del territorio dove il Pomodorino è coltivato si riscontra nell’origine vulcanica dei suoli. Tale areale trae le sue peculiarità dalla natura piroclastica dei suoli, che contraddistingue l’intero edificio vulcanico del complesso Somma-Vesuvio. Questi suoli si sono formati sulle lave e sugli strati di ceneri e lapilli e sono contraddistinti da una elevata fertilità, da una tessitura sabbiosa che li rende molto sciolti e drenati ed una reazione neutra o sub-alcalina con un alto contenuto di macro e micro elementi assimilabili. Il clima è prevalentemente asciutto con discreta ventosità ed elevate temperature, ampie escursioni termiche fra notte e giorno contribuiscono anche ad un naturale controllo delle malattie parassitarie.

Le peculiarità del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio sono, oltre alle piccole dimensioni, un peso di 20-30 grammi ed un basso rapporto 1,2-1,3 fra i diametri maggiore e minore, la elevata consistenza della buccia, un’attaccatura particolarmente tenace al peduncolo, tale da assicurare una buona integrità del grappolo in corso di raccolta e conservazione, l’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni. Infatti, l’elevata pressione osmotica del succo in essi contenuto, generata dall’alta concentrazione in solidi solubili, fa si che il frutto mantenga a lungo la tipica turgidezza perdendo poca acqua nel corso della conservazione.

Le pratiche di coltivazione sono condizionate dalla caratteristica configurazione degli appezzamenti, molto frammentati e spesso terrazzati e disposti irregolarmente. La maggior parte delle operazioni colturali sono eseguite a mano seguendo tradizionali pratiche agricole.

Le peculiarità del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio sono legate profondamente al territorio dove il Pomodorino è coltivato. L’origine vulcanica dei suoli e tutto il materiale piroclastico accumulato durante gli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio ha conferito a questi terreni una elevata fertilità; la tessitura sabbiosa li ha resi molto sciolti e drenati scatenando una reazione neutra o sub-alcalina con un alto contenuto di macro e micro elementi assimilabili. Il prodotto coltivato riesce così assorbendo tutto ciò ad assumere le sue qualità così particolari. Le malattie parassitarie sono controllate naturalmente dal clima asciutto caratterizzato da ampie escursioni termiche fra notte e giorno. Il pomodorino conservato al piennolo o in conserva, rappresenta una delle produzioni più antiche e tipiche dell’area vesuviana. Le prime testimonianze documentate e tecnicamente dettagliate risalgono alle pubblicazioni della Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Portici nel 1885, 1902 e 1916. Nei secoli scorsi la coltivazione di questo tipo di pomodoro si era affermata sia per le ridotte esigenze colturali che per l’idoneità alla lunga conservazione nei mesi invernali in virtù della consistenza della buccia. L’antica diffusione di questa tipologia di pomodoro conservato era infatti legata alla necessità di dover disporre nei mesi invernali di pomodoro allo stato fresco per poter adeguatamente guarnire le preparazioni domestiche, da sempre molto diffuse nel napoletano fra cui pizze e primi piatti che richiedevano intensità di gusto e di fragranze. Il fattore umano si è esplicato nella messa punto di un metodo di coltivazione e di conservazione ben calibrato e tipico della zona e si estrinseca dalla selezione delle migliori bacche per la produzione del seme al necessario intervento di cimatura, poiché le piante hanno un portamento indeterminato, alla legatura dei fusti ed eliminazione dei germogli in soprannumero fino alla raccolta dei pomodorini, che viene effettuata recidendo i grappoli interi, quando su di essi sono presenti almeno il 70 % di bacche rosse, mentre le altre sono in fase di invaiatura. Anche il procedimento di conservazione dei pomodorini al piennolo, che consente di procrastinare il consumo delle bacche, integre e non trasformate, per tutto l’inverno successivo alla raccolta, lega questo particolare prodotto al territorio. L’antico procedimento consiste nella raccolta delle bacche a grappoli interi e nell’idoneo intreccio dei piccioli con un filo di canapa, a comporre un unico grande grappolo che viene sospeso al soffitto di appositi locali ventilati o in verande e terrazze. Tutto ciò, unito al particolare quadro ambientale dell’area vesuviana hanno portato ad un prodotto unico nel suo genere per pregi organolettici e serbevolezza ed è quello che ancora oggi si coltiva e si conserva.

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