Reno Doc
Il Reno Doc è ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
“Reno” Montuni, Reno Montuni frizzante, “Reno” Montuni spumante:
Montù: minimo 85%. “Reno” Pignoletto, “Reno” Pignoletto frizzante, “Reno” Pignoletto spumante;
Pignoletto: minimo 85%. “Reno” Bianco, “Reno” Bianco frizzante, “Reno” Bianco spumante; Albana e Trebbiano romagnolo, da soli o congiuntamente: minimo 40%
I terreni vocati alla qualità comprendono interamente o in parte i territori dei comuni di Imola, Dozza, Castel S. Pietro Terme, Castelguelfo, Medicina, Ozzano Emilia, Castenaso, Budrio, Granarolo Emilia, Bologna, S. Lazzaro di Savena, Bentivoglio, S. Giorgio di Piano, S. Pietro in Casale, Pieve di Cento, Castelmaggiore, Argelato, Castello d’Argile, Casalecchio di Reno, Calderara di Reno, Sala Bolognese, Zola Predosa, Crespellano, Anzola Emilia, S. Giovanni in Persiceto, S. Agata Bolognese, Crevalcore e Bazzano, ricadenti in provincia di Bologna e Ravarino, Nonantola, Castelfranco E., S. Cesario S.P., Savignano S.P. , ricadenti in provincia di Modena.
La media pianura delle province di Bologna e Modena, posta Modena al centro della regione
emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana. La speciale posizione della
pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente
continentale, con estati calde ed inverni rigidi. I venti umidi del sud vi giungono generalmente
asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale. I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza. La media ponderata annuale delle precipitazioni è di 925 mm che sono così distribuite: inverno 23%, primavera 26%, estate 18%, autunno 33%.
I terreni della media pianura di Bologna e Modena hanno una origine geologica alluvionale di
riporto con pendenze piane con una composizione chimica dove l’elemento potassio (K) prevale sul fosforo (P).
I suoli dei terreni della media pianura bolognese e quelli della media pianura modenese posti alla
destra del fiume Panaro hanno una composizione fisico meccanica di medio impasto tendente
all’argilloso.
Dalle uve bianche prodotte in questo territorio si ottengono vini di colore giallo paglierino, di media acidità, con evidenza di note erbacee e fruttate.
2. Fattori umani rilevanti per il legame
La civiltà del vino è talmente compenetrata dalle vicende storiche, di costume e culturale
dell’ambiente con la straordinaria capacità di mantenere i confini e l’identità del territorio da dove
un vino ha avuto origine e fama.
La media pianura delle province di Bologna e Modena sono storicamente città rivali, Bologna per
l’appartenenza allo Stato Pontificio, Modena capitale di un piccolo ducato legato alla casa reale
d’Asburgo Lorena.
Chi appena più di un secolo fa si recava da Modena a Bologna una volta attraversato il fiume
Panaro al ponte di Sant’Ambrogio trovava appunto il confine con lo Stato Pontificio e i vigneti con
i vitigni lambrusco lasciavano spazio ai vigneti con i vitigni a bacca bianca (montù, trebbiano,
albana) con prevalenza del montù. Con la comparsa dei primi saggi ampelografici compare
l’antichissima tradizione del vino bianco della zona di “Castelfranco Emilia” un tempo città
fortificata bolognese passata nel 1929 al territorio modenese.
L’incidenza dei fattori umani è riferita in particolare alla puntuale definizione dei seguenti aspetti
tecnico produttivi che costituiscono parte integrante del disciplinare di produzione:
La base ampelografica dei vigneti:
I vini a denominazione di origine controllata "Reno" devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
Montuni: montù, minimo 85% , possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 15%;
Pignoletto: pignoletto minimo 85%, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve
provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 15%;
Bianco: albana e trebbiano romagnolo da soli o congiuntamente minimo 40%, possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni, presenti in ambito aziendale a bacca bianca non aromatica, raccomandati e/o autorizzati per le province di Bologna e Modena fino a un massimo del 60%;
Le forme di allevamento
l’ambiente pedoclimatico della media pianura modenese e bolognese favorisce un naturale accrescimento della vite. Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante.
La forma di allevamento deve consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante,
assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli. Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone speronato e il G.D.C. con una densità d’impianto di 1.500-2.800 ceppi/ettaro. I portainnesti più utilizzati sono Kober5BB, SO4, 420A.
Le pratiche enologiche specifiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento, quasi esclusivamente, alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave. Le operazioni di arricchimento sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.
B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o
esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico.
La D.O.C. “RENO” è riferita alla produzione di vini bianchi con la possibilità di menzionare i
vitigni “Montuni” e “Pignoletto” o il riferimento alla tipologia “Bianco”. Dal punto di vista
analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
Tali caratteristiche del vino di base, sono evidentemente condizionate dall’ambiente fertile e fresco caratteristico dell’area doc e delle forme di allevamento principalmente basate su cordoni
permanenti (cordone speronato e G.D.C.) e portainnesti che assecondano la naturale vigoria del
vitigno (Kober 5BB, SO4 e 420A).
Dalle uve prodotte nella media pianura bolognese e nella media pianura modenese posta alla destra del fiume Panaro si possono quindi ottenere vini bianchi dal colore giallo paglierino, di media struttura, buona acidità. La freschezza e la fragranza dei profumi con evidenze floreali e fruttate contribuiscono al loro equilibrio gustativo.
C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).
La D.O.C. “Reno” viene utilizzata e presentata abbinata ai nomi dei vitigni “Montuni” e
“Pignoletto” in misura molto minore viene rivendicata la DOC “Reno” abbinata alla tipologia
“Bianco”.
Il vitigno Montù è una delle prime varietà di uva bianca che compare nella zona pianeggiante e
pede-collinare nei dintorni di Bologna. Si ricordano le citazioni dell' Acerbi che con il sinonimo di
Montonego lo descrive già nel 1823 come vitigno presente nei dintorni di Bologna. Altre citazioni
sono riportate nel "Saggio di ampelografia universale" da Giuseppe dei Conti di Rovasenda.
Domizio Cavazza nel testo "viticoltura" scrive della presenza del vitigno Montù nella pianura tra
Modena e Bologna: cita il vino bianco asciutto, sapido, piacevolissimo. Anche nel testo "uve da
vino" di Norberto Marzotto si cita il Montù tra le varietà maggiormente diffuse nella piana
Bolognese. Oggi nelle terre che furono dei Bentivoglio e in molti comuni della pianura bolognese e modenese, la coltura di questo vitigno è molto diffusa ed è fondamentale per i viticultori della zona e le loro cantine sociali, tantè che il vitigno Montù è tra le varietà più rappresentative nella zona di produzione della DOC “Reno”.
Il vitigno Pignoletto è diffuso da molto tempo nella pianura Bolognese. Dall'inizio del secolo fino
agli anni '60 veniva coltivato principalmente in consociazione all'olmo nelle tradizionali "alberate
bolognesi", sistemi di allevamento a filare che raggiungevano anche gli otto metri di altezza e
rispondevano a due esigenze essenziali: la produzione di ottima uva da vino che veniva in gran
parte commercializzata in castellate (antica misura di uva pigiata pari a circa 840 litri) e mezze (420 litri) nella città di Bologna e la difesa dal vento delle piantagioni di canapa, diffusissime nella zona.
Esso è stato oggetto di approfondito studio da parte dei Professori Faccioli e Marangoni dell'Istituto di Coltivazioni Arboree dell' Università di Bologna, studio pubblicato su "La Mercanzia", n. 2 - Marzo - Aprile 1978. Nella prefazione allo studio i Professori Faccioli e Marangoni citano testualmente: «Da tempo è diffuso nella parte nord-ovest della provincia di Bologna (comune di Bentivoglio e terreni limitrofi) un vitigno localmente chiamato "Pignoletto", "Pignolino", "Alionzina", che ha incontrato il favore dei viticoltori per le sue caratteristiche agronomico colturali ed enologiche. La sua coltura si è estesa anche nella fascia collinare (zona dei Colli Bolognesi), ove veniva erroneamente chiamato "Pinot Bianco" ed è diventato uno dei vitigni fondamentali della locale viticoltura. E ancora, al capitolo "Origini e Storia": «Sembra mancare una documentazione scritta riguardante questo vitigno nella provincia di Bologna, anche se si trovano accenni e riferimenti ad "Uve Pignole" (Tanara, 1658). Oggi la coltura di questo vitigno si è ulteriormente estesa interessando anche il territorio dei comuni della media pianura modenese posti alla destra del fiume Panaro. Nell'ambito del territorio delimitato dalla zona di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata Reno è diffusa, da molto tempo, la coltivazione di altri due importanti vitigni: l'Albana e il Trebbiano. Il vitigno Trebbiano fece la sua comparsa in Emilia Romagna in epoca antichissima, con I'avvento del popolo etrusco. Pier Dè Crescenzi, nel suo trattato "Liber ruralium coinmodoruin", apparso nel 1305, scrive tra l'altro: «C'è un'altra specie di uva, detta tribiana, che è bianca, con acini tondi, piccoli e abbondanti; in giovane età questa vite non dà frutto, crescendo diventa feconda>>. Nello stesso secolo del Dè Crescenzi la parola trebbiano comincia a correre in tutta la regione, sia nella accezione latina, sia in quella volgare. Si trovano Turbien a Imola, Trebianum a Ferrara, Tribulanum a Bologna, Tarbian in Romagna. La storia del vitigno Albana si confonde con la leggenda. Si coltiva da tempi remoti in Emilia Romagna, dove forse furono i romani ad introdurlo. E' comunque soltanto negli ultimi tre secoli che il vitigno è stato oggetto di studi e descrizioni sempre più numerose. L'agronomo bolognese Vincenzo Tanara, nel '700, ne elencava già alcune varietà: «l’albana rara, l'albana spessa che marcisce facilmente e l'albanone che matura prima delle altre». Il vino bianco ottenuto dalla vinificazione dei due vitigni, anche in uvaggio fra di loro, è molto apprezzato soprattutto dagli abitanti di Bologna e dei paesi limitrofi.
VITIGNI
ALBANA B. (MAIN)
* Montu' B (OIV)
** TREBBIANO ROMAGNOLO B. (MAIN)
* PIGNOLETTO B. (MAIN)