Terre del Colleoni o Colleoni Doc
- Terre del Colleoni o Colleoni Pinot Bianco : Pinot bianco per almeno ‘85% ;
- Terre del Colleoni o Colleoni Chardonnay : Chardonnay per almeno ‘85% ;
- Terre del Colleoni o Colleoni Incrocio Manzoni : Incrocio Manzoni per almeno ‘85% ;
- Terre del Colleoni o Colleoni Moscato Giallo : Moscato Giallo per almeno ‘85% ;
- Terre del Colleoni o Colleoni Pinot Grigio : Pinot Grigio per almeno ‘85% ;
- Terre del Colleoni o Colleoni Schiava : Schiava per almeno 85%;
- Terre del Colleoni o Colleoni Merlot: Merlot per almeno 85%;
- Terre del Colleoni o Colleoni Cabernet Sauvignon : Cabernet Sauvignon per almeno 85%; a
- Terre del Colleoni o Colleoni Franconia : Franconia per almeno 85%;
- Terre del Colleoni o Colleoni Incrocio Terzi : Incrocio Terzi per almeno 85%;
- Terre del Colleoni o Colleoni Marzemino : Marzemino per almeno 85%;
- Terre dei Colleoni o Colleoni tipologia Spumante è riservata i vini ottenuti dalle uve dei vitigni Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero e/o Incrocio Manzoni e/o Pinot Grigio.
- I vini ottenuti dalle uve dei vigneti iscritti allo schedario viticolo “Terre del Colleoni” Moscato
Giallo o “Colleoni” Moscato Giallo possono essere elaborati nella versione passito.
- La denominazione di origine controllata “Terre dei Colleoni” o “Colleoni” tipologia novello è riservata i vini ottenuti dalle uve dei vitigni a bacca rossa ad esclusione dei vitigni Schiava e
Marzemino.
La zona di produzione dei vini Doc Terre dei Colleoni o Colleoni è collocata in alcuni comuni in Provincia di Bergamo
La zona geografica viene delimitata ad ovest dall’Isola Bergamasca, a Nord dalle Orobie ed ad est
dal Lago d’Iseo e dal fiume Oglio. Comprende un territorio pedecollinare e collinare.
Le principali formazioni geologiche presenti nella zona collinare Bergamasca sono il Selcifero
Lombardo, la Maiolica di Bruntino, il Sass del Luna tipico (o Pietra di Luna) e il Sass de Luna
calcareo, le torbiditi sottili, le Peliti nere superiori, le Peliti rosse, Flish di Pontida, Arenaria di
Sarnico, Pietra di Credaro, Flish di bergamo, Frangipan e terreni alluvionali.
La genesi delle rocce madri delle colline bergamasche avviene nel periodo Cretacico dell’era
Mesozioica; dalle rocce madri anno avuto origine i terreni che sono prevalentemente di tipo eluviale sono quindi terreni rimasti sulla roccia da cui provengono ed a questa restano fortemente legati in termini di ripartizione minerale; fanno eccezione alcune zone sulle sponde dell’Oglio e nella zona di Chiuduno di tipo alluvionale.
In linea generale è possibile affermare che nell’area collinare a nord-ovest della città di Bergamo
prevalgano terreni di tipo scisto-argilloso, mentre lungo la fascia collinare ad oriente fino la lago di Iseo si susseguono diverse formazioni con prevalenti caratteristiche argillo-calcaree.
L’area Bergamasca presenta tre aree climatiche principali, Collina occidentale, Collina orientale e
area di Trescore Balneario (valle).
In esame vengono presi tre parametri quali la radiazione solare, la temperatura e la piovosità o
precipitazione meteorica.
In relazione alle temperature e alle radiazioni solari è possibile rilevare come la costante termica in relazione alla fase fenologica della vite Le aree occidentali e quelle di valle presentano costanti
termiche inferiori a quella orientale, si va quindi dai 3470 gradi dell’area occidentale e valli ai 3570 dell’area a oriente.
In merito alle precipitazioni le medie annuali si attestavano attorno ai 1100-1200 mm annui fino alla fine degli anni 90. Una riduzione significativa della piovosità si è registrata a partire dal 2003.
Gli scarti annuali rispetto alla media in relazione alle aree geografiche risultano essere contenuti ,
ma non irrilevanti e si aggirano tra i 200 e i 350 mm.
Fattori umani rilevanti per il legame.
La coltura della vite nel territorio Bergamasco è riferibile al periodo della colonizzazione romana,
sebbene alcuni autori la collochino in epoca etrusca.
Numerosi in epoca romana sono i riferimenti al culto di Bacco, nella città di Bergamo, come templi a lui dedicati sia all’interno che nei pressi della città. In linea con le definizioni culturali romane dell’Enotria anche a Bergamo ebbero grande rilevanza i templi dedicato a Bacco e i “Baccanali”.
A dimostrazione dell’impronta della cultura romana sul territorio bergamasco il taglio dei boschi di latifoglie diffusissimi nei pressi della Città, che venne inizialmente praticato in epoca Imperiale per far posto ai vigneti.
Riferimenti relativi alla diffusione della vite in territorio bergamasco sono rintracciabili in Plinio,
altre tracce sono riferibili a cenni sulle qualità del vino bergamasco fatti da Cesare in occasione del suo passaggio con le legioni in quest’area.
A partire dalla caduta dell’Impero e con le invasioni barbariche, si perdono riferimenti precisi sui
patrimoni agricoli, ma sembra che la coltura della vite, come molte altre colture, sia stata
momentaneamente abbandonata. Rimane quasi simbolicamente legata ai grandi borghi e alle corti.
Con l’avvento dell’epoca comunale grande interesse e fervore si agita intorno alla vite e al vino e
vengono piantumati vigneti. Molti i riferimenti bibliografici sulle consistenze vitate e di come si
allevi la vite in provincia di Bergamo da Pier De Crescenzi (1300) a Castelo Castelli (1398).
L’insediamento dei monaci benedettini nella zona di S. Paolo D’Argon e a Pontida, promuove poi il
miglioramento delle tecniche viticole ed enologiche.
I primi cenni scritti relativi alle varietà coltivate in provincia di Bergamo sono del 1500 a cura di
Agostino Gallo; costui elenca e descrive alcune varietà presenti nel bergamasco: Groppelle,
Vernacce, Schiave Nere, Besgane, Valtoline, Pignole, Correre, Trebbiane.
Verso la fine del XVIII secolo Tomini Foresti segnala alcune varietà bergamasche coltivate:, ma la
prima descrizione con impronta scientifica de epoca pre-filloserica per la provincia di Bergamo
risulta essere quella del Prof. Tamaro in merito ai 5 vitigni principali della provincia: Marzemino,
Schiava Lombarda, Groppello, Rossera, Rossolo, Pignola, Vernaccia.
Nel 1929 nel catasto agricolo sono riportati i vitigni più diffusi in collina e montagna: Schiava,
berzemina, Bonarda, Negriera e Imberghem o Franconia.
Nel 1950 il Dr. Bruno Marangoni nella pubblicazione “Note di viticoltura bergamasca”rileva la
presenza diffusa, oltre che dei precedenti anche di Barbera, Merlot, Negrara trentina, Raboso
veronese, Sangiovese grosso, Albana.
Il Condottiero Bartolomeo Colleoni nasce a Solza, piccolo villaggio sulla sponda bergamasca
dell'Adda.
In merito alla data di nascita non vi è certezza, anche se una targa bronzea rinvenuta nel suo
sepolcro nel 1969 indica la data della morte all’ètà di ottant'anni. A partire da questo dato si può
risalire all’anno di nascita, che dovrebbe essere il 1395.
Tuttavia in contrapposizione a questa deduzione vi è la biografia del contemporaneo Antonio
Corazzano che fu commissionata dallo stesso Colleoni. In questa biografia Cornazzano indicava
quale data di nascita l'anno 1400.
La famiglia è di stirpe longobarda, Colleoni è figlio di Paolo e Ricadonna Saiguini de' Valvassori di
Medolago e apparteneva alla nobiltà cittadina, come indicava la sua arma araldica, che è del genere delle armi parlanti, cioè di quelle che rappresentano graficamente il cognome. Il condottiero era talmente orgoglioso del proprio cognome da farne il temuto grido di guerra “Coglia, Coglia” cioè “Coglioni, Coglioni” e da continuare a rappresentarli, con turgido realismo, nel suo stemma anche quando vi aggiungerà i gigli d'oro d'Andegavia ovvero d'Angiò e le fasce di Borgogna.
Dal 1168 bandita la vecchia nobiltà terriera dalla cosa pubblica, la Famiglia Colleoni sale alla
ribalta della scena pubblica di Bergamo. Essa assunse grazie alle gesta di Bartolomeo, rilevanza
italiana ed internazionale.
Il patrimonio immobiliare dei Colleoni si consolidò specialmente nell'Isola Bergamasca, in quella
parte del territorio inclusa tra il fiume Brembo ed il fiume Adda la cui posizione strategica ne
aumentava l'importanza e la funzione politica.
Partendo da questo territorio il padre di Bartolomeo, Paolo con alcuni parenti, occupò in maniera
fortunosa il castello di Trezzo sull'Adda, impadronendosene nel 1404 e facendone una base per
scorrerie nei territori circostanti. Questo territorio costituì, di fatto, un piccolo stato indipendente
che fronteggiò per parecchi anni e con fortuna i Signori di Milano e la nuova signoria di Pandolfo
Malatesta.
Due erano i rami colleoneschi che reggevano Trezzo e fra essi assunsero la preminenza i cugini
Giovanni, figlio di Guardinus de' Collionibus e Paolo figlio di Guidotus de' Collionibus.
La conquista del castello di Trezzo segnò l'infanzia di Bartolomeo. Sembra infatti che il padre Paolo fosse ucciso dai suoi cugini. Mentre la madre viene segregata nei suoi appartamenti, i cugini non infieriscono sul piccolo Bartolomeo che rimane invece libero.
Dopo aver ricevuto una discreta istruzione Bartolomeo, ancora molto giovane, decide di
intraprendere la carriera delle armi.
Entra nel 1424, al servizio del condottiero Jacopo Caldora. Con il Caldora entrò nella corte di
Giovanna II di Napoli; partecipò alla battaglia dell'Aquila, 1424, contro Braccio da Montone, che
venne sconfitto e rimase ucciso. Si distinse nell'assedio di Bologna, 1425, sotto le insegne del
Caldora, per il Papa.
La fama delle imprese del Colleoni raggiunge la Repubblica di Venezia che, sempre alla ricerca di
abili soldati che sappiano controbattere quelli dei Visconti, lo ingaggia.
Gli viene quindi affidata una condotta di 40 cavalli sotto il comando generale del conte di
Carmagnola.
Quest’ultimo è sospettato dalla Serenissima di tradimento, i sospetti di tradimento divennero
certezza quando il Carmagnola intervenne tardivamente nell'attacco a Cremona, vanificando gli
sforzi del Colleoni e determinando, così, il fallimento dell'attacco stesso: «egli arrivò tardi perché
tardi volle arrivare» (Battistella A., Il Conte di Carmagnola) Il Conte è giustiziato dopo il fallito
tentativo di prendere Cremona, durante il quale Bartolomeo ha invece avuto una comportamento
esemplare e riceve una condotta di centoventi cavalli, il comando di altri ottanta soldati a cavallo e il feudo di Bottanuco.
I suoi meriti militari erano indiscussi ma non riconosciuti come avrebbe voluto: nel crescendo degli incarichi che gli vennero affidati non riuscì ad ottenere dal Senato veneziano quello di capitano generale, che venne affidato a Gian Francesco Gonzaga.
La pace di Ferrara del 1433 consente al Colleoni un certo periodo di riposo di cui egli approfitta per prendere in moglie Tisbe dei Martinengo della Mottella, appartenente ad una delle famiglie più importanti della nobiltà bresciana, figlia di un comandante dell'esercito veneto. Il matrimonio, che comportava un'alleanza tra le due famiglie, fu di grande rilevanza perché lo proiettò in un ambito sociale, militare e geografico più ampio ed elevato: i Martinengo costituivano, infatti, un consorzio parentale particolarmente ricco e potente sia politicamente che militarmente, con grandi possedimenti a Brescia ed in Valcamonica. Si ampliava così la sua sfera d'influenza e di interessi, oltre che il prestigio e la rete di relazioni sociomilitari.
Nel 1438 difese validamente la sua Bergamo dall'attacco di Niccolò Piccinino, capitano generale di
Filippo Maria Visconti, mentre il suo comandante Gonzaga si ritirava oltre l'Oglio lasciando campo
libero al Visconteo. La ritirata del Gonzaga non si svolse in maniera tranquilla ma assunse il
carattere di una rotta. Frattanto il Consiglio dei Dieci nomina Capitano Generale delle milizie
veneziane Francesco Sforza, che subentra al Gattamelata che aveva a sua volta sostituito Gian
Francesco Gonzaga. Ripreso il vicentino, Francesco marcia in soccorso di Verona. L’azione
coordinata del Colleoni e dello Sforza obbligano il Piccinino a ritirarsi. Questa impresa procura a
Bartolomeo il comando di una condotta di 800 cavalli. Egli è ora uno dei più importanti e apprezzati condottieri dell’esercito veneziano.
Successivamente nel 1440, una battaglia navale sul lago di Garda consente di riconquistare Riva del Garda e sottrarre Brescia e Bergamo al dominio visconteo.
Nella battaglia di Soncino Francesco Sforza infligge un’altra dura sconfitta ai milanesi condotti da
Talian Furlano.
La guerra, si conclude con la pace di Corvara. Francesco Sforza, che stima molto il Colleoni, lo
ricompensa dei suoi preziosi servigi facendogli donare i castelli di Romano, Antenate e Covo nel
bergamasco.
Alla scadenza della condotta con Venezia il Colleoni passò al servizio del Visconti che gli offrì un
castello a Milano, il comando di 1.500 lance e donò a sua moglie Tisbe il Castello di Adorno
assieme a numerosi gioielli. Il servizio presso il Visconti, tuttavia, fu travagliato per i suoi rapporti
tumultuosi col Piccinino, di cui era il vice: venne accusato di connivenza con il nemico ed
imprigionato per un anno ai Forni di Monza.
Fuggì dal carcere dopo la morte del Visconti, avvenuta nel 1447, passando alla neonata Repubblica Ambrosiana chiamato da Francesco Sforza, al momento Capitano Generale della Repubblica stessa.
In questo periodo, 1447/49, Bartolomeo Colleoni compì diverse importantissime azioni militari con le truppe francesi del duca di Orléans.
Il 15 giugno 1448 passò nuovamente al servizio di Venezia, firmando una condotta di 500 lance e
400 fanti. In questo periodo si coprì di gloria, ammassando al contempo una enorme ricchezza, ma per gli intrighi di Gentile da Leonessa dovette fuggire per evitare l'arresto ordinato dal Doge e
riparare presso Francesco Sforza, ormai diventato signore di Milano, rimanendovi al servizio.
Il 15 febbraio 1453, con una lettera, annunciò allo Sforza le proprie dimissioni allo scadere del
contratto ed il 12 aprile firmò una nuova condotta con Venezia con cui i rapporti, tenuti tramite la
moglie, non si erano del tutto interrotti.
Questo ritorno a Venezia fece gridare i milanesi, e non senza ragione, al tradimento.
Non si trattò del solito contratto contabile-burocratico normalmente stipulato, ma di un atto dal
valore politico per la grande libertà d'azione attribuitagli, per l'importanza delle somme pattuite,
100.000 ducati, e per il prestigio riconosciutogli con la promessa di Como, Lodi e della Gera
d'Adda, qualora fossero state conquistate, oltre alla promessa del comando generale non appena
libero.
A partire dalla pace di Lodi del 1454, il Colleoni sarà legato a Venezia fino alla morte.
Il 1467 poteva essere l'anno giusto per la grande impresa che il Colleoni da sempre sperava, perché, in un periodo di crisi dell'equilibrio raggiunto con la pace di Lodi, Venezia tentò di assicurarsi il predomino dell’Italia settentrionale favorendo una repubblica di Firenze e rompendo così l'asse Milano-Firenze.
La conseguenza fu che i Medici si trovarono alleati con il nuovo duca di Milano Galeazzo Sforza e
Ferdinando re di Napoli, mentre il Colleoni rimase solo a combattere su più fronti.
Ottenne alcune vittorie fino alla battaglia della Riccardina o, come ricordato da altri, della Molinella del 25 luglio 1467. Questa battaglia che non ebbe vinti né vincitori fu importante perché Colleoni vi usò delle artiglierie, suscitando grande scandalo in quanto le armi da fuoco erano considerate contrarie alla morale e alla deontologia militare e gli valsero la taccia di barbaro e maligno.
La sopravvenuta pace, dichiarata da papa Paolo II l'anno successivo, seppellì quella che poteva
essere la gloriosa impresa tanto sognata.
Renato d'Angiò nel 1467 con privilegio in data 14 maggio gli concesse di aggiungere al proprio il
patronimico d'Angiò, ovvero d'Andegavia, aggiungendo così nel suo stemma i Gigli Angioini d'oro
in campo azzurro con sotto i consueti testicoli colleoneschi. Di questo nuovo stemma il Colleoni era molto orgoglioso tanto da utilizzarlo ogni volta che se ne presentava l'occasione.
Nel 1472 si presentò al Colleoni quella che fu la sua ultima opportunità per compiere la gloriosa
impresa, ai danni dell'odiato Galeazzo Maria.
Carlo il Temerario, Duca di Borgogna, scese in Italia con mire sul Ducato di Milano richiese i
servizi del condottiero nella guerra contro Luigi XI. Il Colleoni, ormai d'Andegavia, firmò con il
Borgognone una condotta ricchissima oltre che prestigiosa, che prevedeva l'assegnazione di
150.000 ducati l'anno, il comando di 1000 lance e 1500 fanti oltre al privilegio, concessogli nel
1473, di aggiungere al proprio stemma le Fasce di Borgogna.Anche questa occasione finì nel nulla, agli inizi del 1474 l'avventura di Carlo il Temerario era di fatto svanita prima di iniziare.
Il 15 maggio 1475 restituì alla Serenissima il bastone del comando ed iniziò a smobilitare le sue
truppe. Venezia, consapevole della ormai prossima fine del proprio condottiero, respinse le sue
dimissioni e gli affiancò tre provveditori con funzioni di controllo ed amministrative, tenuto conto
che Bartolomeo le avrebbe lasciato in eredità la maggior parte del suo patrimonio: diverse proprietà immobiliari ed una somma in contanti di oltre 300.000 ducati, una somma enorme tanto da potere rinsanguare le casse esauste della Repubblica.
Nel testamento vi era un legato a carico di Venezia: l'elevazione di un monumento in suo onore
nella piazza San Marco, ma come sappiamo Venezia, onorò parzialmente questo legato.
Bartolomeo Colleoni d'Andegavia morì nel suo Castello di Malpaga il 2 novembre 1475.
Ancora oggi esiste una frazione del Comune di Chignolo d’Isola porta ancora il suo nome.
- le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini
“Terre del Colleoni o “Colleoni”devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque,
atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.
I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli
tradizionalmente usati e comunque non atti a modificare le caratteristiche delle uve e del
vino.
le pratiche relative all’elaborazione dei vini, Nella vinificazione dei vini a denominazione di
origine controllata “Terre del Colleoni” o “Colleoni” sono ammesse soltanto le pratiche enologiche
leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.
B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o
esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico
I vini a DOC “Terre del Colleoni” o “Colleoni”, in virtù delle differenti tipologie di prodotto e dei
differenti vitigni che li compongono, presentano al consumo, caratteristiche organolettiche specifiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla
lettera b).
Le caratteristiche del terreno, il clima e le tradizionali pratiche agronomiche ed enologiche del
territorio bergamasco conferiscono ai vini delle peculiarità particolari.
caratteristiche qualitative ed organolettiche delle tipologie di prodotti a DOC attribuibili all’ambiente geografico, comprensivo dei fattori umani, hanno inciso sull’intero processo di produzione. Le tipologie di vino dal punto di vista analitico ed organolettico presentano delle caratteristiche intrinseche dei vitigni da cui sono costituite, derivate dall'ambiente e dal clima nel quale essi vengono coltivati. I rossi vanno dal caratteristico rosa tenue - cerasuolo della Schiava al rosso rubino dei vitigni come Merlot, Cabernet, Marzemino, Franconia ed Incrocio Terzi. Per i bianchi invece si passa dal giallo paglierino al giallo con riflessi verdognoli tipico dell'Incrocio Manzoni 6.0.13 fino al giallo dorato del Moscato giallo. Bouquet fruttati e floreali.
VITIGNI
CABERNET SAUVIGNON N. (MAIN)
** FRANCONIA N. (MAIN)
** INCROCIO TERZI N.1 N. (MAIN)
** INCROCIO MANZONI 6.0.13 B. (MAIN)
* Chardonnay (MAIN)
** MOSCATO GIALLO (MAIN)
* MERLOT N. (MAIN)
** MARZEMINO N. (MAIN)
* Schiava N (OIV)
* PINOT NERO N. (MAIN)
* PINOT GRIGIO G. (MAIN)
* PINOT BIANCO B. (MAIN)